C’ERANO una volta i sacerdoti dell’euro: consideravano una bestemmia criticare la moneta comune e piazzavano gli euroscettici nei gironi infernali dei miscredenti. Erano già evidenti, però, al di là della crisi greca, le incrinature che avevano reso fragilissimo l’equilibrio tra i partner del club comunitario. Poi, da un giorno all’altro, tutto è cambiato. Le rocciose convinzioni di un tempo si sono sciolte come neve al sole e ci si è accorti dei tanti “boomerang” che piombavano senza pietà sulla nostra economia.
Il caso delle quattro banche in “default”, ad esempio, ci ha fatto comprendere come svuotare le banche centrali dei poteri di vigilanza ha finito per rendere un percorso ad ostacoli la vita dei piccoli risparmiatori. È, a questo punto, significativo il fatto che il tema dell’Europa a due velocità, con i Paesi forti che diventano sempre più i battistrada e con quelli deboli che cercano di sfruttarne la scia, torni di nuovo d’attualità, come ha sottolineato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, alla vigilia dell’incontro di venerdì scorso, a Berlino, tra Renzi e la cancelliera Merkel.
Ma adesso basta con le parole, è importante che gli addetti ai lavori non perdano altro tempo: dopo tante battaglie di principio, qui ci vuole un po’ di pragmatismo. Non dimentichiamo cosa successe nel 2001 in Argentina quando la gente cominciò a temere il peggio e ritirò grosse somme di denaro dai propri conti correnti bancari: la frittata era fatta e neppure Papa Francesco avrebbe potuto fare il miracolo.
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