LA LUNGA telenovela della corsa 2016 per il sindaco di Milano: sia a destra che a sinistra, si continuano a “bruciare” nomi in una specie di gioco al massacro. Se, nelle file dei renziani, alla fine prevarrà il nome di Giuseppe Sala (che esibisce, a tracolla, il pass dell’Expo in grado di aprirgli qualsiasi porta, salvo incidenti di percorso), tra i moderati continua a non spuntare ancora il candidato giusto in grado di coagulare una buona fetta di consensi. In effetti, con Sallusti che resta in “stand-by”, Berlusconi non sa a che santo votarsi. Ma, a proposito di santi, mettendo da parte vecchie ruggini, un nome ce l’avrebbe: don Matteo, ovvero Matteo Salvini. Silvio non ha altre strade da percorrere: pur essendo anche “numero uno” del Milan, è andato persino a bussare alla porta dei rivali dell’Inter ma si sarebbe beccato un altro “no, grazie”. Secondo indiscrezioni, avrebbe, infatti, sondato la disponibilità di un grande ex-presidente nerazzurro, Ernesto Pellegrini, che, proprio nei giorni scorsi, aveva festeggiato i 50 anni della sua azienda con una bellissima manifestazione alla Scala. Per coagulare tutto il centro-destra, il leader di Forza Italia dovrà, dunque, chiedere a Salvini di ripensarci, mettendo da parte tutti i dubbi, e candidarsi nella corsa a primo cittadino meneghino. Finora il segretario leghista aveva giustamente detto di no perché continua ad avere valide mire nazionali, ma è, ormai, fuori discussione che solo lui può offrire su un piatto d’argento la vittoria ai moderati nella capitale morale d’Italia. Altrimenti, in caso di un nuovo rifiuto di don Matteo, l’unica alternativa rimasta sarebbe quella di affidarsi a Corrado Passera che finora è stato l’ago della bilancia tra i due schieramenti.
Anche il presidente della Regione, Roberto Maroni, ha rilanciato per Palazzo Marino proprio il nome del suo successore alla guida del Carroccio. E, con il governatore, si sono schierati pure i lettori moderati del nostro giornale che, forti dei sondaggi, continuano a segnalarci “Salvini sindaco”: con le dovute proporzioni, sembra quasi un plebiscito a furor di popolo. Adesso, a Matteo l’amletico dubbio: candidarsi o non candidarsi?
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