IERI, 8 MARZO, festa della donna, mi sono venuti in mente tanti volti femminili che ho conosciuto negli anni. La memoria è andata in particolare a Colette Rosselli, all’anagrafe Colette Cacciapuoti, seconda moglie di Montanelli, scrittrice, regina del bon ton come Donna Letizia, con lo stesso inesauribile carisma del vecchio Indro. Anche, se, negli ultimi anni, i due  vivevano lontani (uno a Milano e l’altra a Roma) ogni sera, immancabilmente, Cilindro telefonava alla consorte per una buona mezz’ora per condividere con lei la giornata appena trascorsa.

Con quell’aria raffinata, Colette poteva sembrare distaccata e lontana ma, in realtà, era il contrario: capiva al volo le persone ed era molto più anticonformista di quanto le apparenze facessero supporre. Così ha raccontato il suo primo incontro con il Direttore: «Mi sono trovata accanto questo giovane giornalista brillante che subito si era messo a parlarmi, forse perché ero un po’ estranea a questi milanesi. Parlavo il meno possibile perché avevo un orzaiolo.

Tutto a un tratto, lui si era alzato per prendere la tazza di tè dalla padrona di casa. In quel momento, ho visto  che aveva un orribile strappo alla tasca. Quella giacca lacerata mi ha dato coraggio e il mio orzaiolo è diventato come quello strappo: entrambi avevamo una menomazione…». Indro e Colette hanno vissuto per anni  in case diverse, conducendo vite parallele, eppure quando Donna Letizia morì, fu un colpo tremendo per Montanelli: la loro storia un paradigma della complessità dell’animo umano e della giostra che, ogni giorno, uomini e donne costruiscono per stare insieme.
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