I giornali si sono molto soffermati, in questi giorni, sullo scontro tra Renzi e il presidente uscente della Commissione Ue, il portoghese Barroso, e sullo sgarbo italiano, che ha reso pubblica la lettera di Bruxelles ufficialmente «top secret».
Dando spazio al braccio di ferro, molti quotidiani hanno, però, finito per mettere in secondo piano il successivo «via libera» (o quasi) al nostro bilancio, con gli opportuni ritocchi, decretato dal nuovo presidente Juncker. In effetti, come hanno notato solo pochissimi commentatori, dietro allo scontro formale dei numeri e dell’etichetta, si è anche avvertita la consapevolezza che la Commissione deve cominciare a fare i conti con il partito anti-euro.

Una ventata di critiche e rilievi alla moneta comune che ha preso vigore dopo le elezioni europee e che rischia di soffiare sempre più forte. Se i predecessori di Juncker hanno fatto finta di ignorare il problema mettendo, come struzzi, la testa nella sabbia perché era considerato un delitto di lesa maestà mettere, in qualche modo, in discussione Maastricht e il club valutario messi a dura prova da una interminabile recessione, oggi i nuovi padrini di Bruxelles dimostrano, se non altro, un po’ di realismo. È già qualcosa: a differenza del mio amico Ernesto Preatoni, non so davvero se ci sarà una vita oltre l’euro, ma il fatto che si cominci, in qualche modo, ad affrontare l’emergenza, è un segnale positivo per tutti noi, a prescindere dai risultati politici che ci hanno fatto finalmente aprire gli occhi.
[email protected]