Questa volta parliamo di noi, di giornali e giornalisti. Dalla Bagnaia, la tenuta sotto Siena che ospita, ogni due anni, l’Osservatorio giovani-editori guidato da Andrea Ceccherini, è arrivata una parola di speranza e di rilancio per il mondo dell’informazione: i giornali non sono morti come profetizzavano in tanti, ma, con nuove interrelazioni tra quotidiani cartacei, web e social, stanno decisamente voltando pagina. A darci la buona novella sono stati, soprattutto, i direttori dei grandi network d’oltre Oceano: nella giungla sconfinata dell’informazione usa e getta, c’è ancora un futuro per i nostri storici fogli, se troveremo il coraggio di coniugare la modernità con la qualità. Una buona notizia per i tanti giovani che, nonostante tutto, vogliono cimentarsi nel mestiere, ma ci sono due sfide titaniche da affrontare: da una parte, il nodo economico, cioè il modo migliore per tenere in piedi i quotidiani e per farli tornare profittevoli, dall’altra la necessità di imboccare la strada giusta per ridare nuova linfa ai giornali.

Sul primo punto – che, tra l’altro, significa rendere più efficiente la distribuzione del quotidiano attraverso una moderna liberalizzazione delle vendite, ma anche la necessità di ravvivare la domanda pubblicitaria con la fine della crisi economica -, bisognerebbe avviare davvero un dibattito serio che porti, finalmente, a risultati concreti. Mi limiterò, quindi, ad alcune rapide osservazioni. Alla Bagnaia è stato rilevato, da più parti, che i giornalisti, al contrario dei social network, non sono sempre in sintonia con i loro utenti: sono più vicini al Palazzo che a fornire notizie utili e a rispondere alle esigenze del “cliente lettore”. Nelle classifiche degli articoli più letti sul web non ci sono quasi mai quelli che occupano stabilmente le prime pagine dei giornali, ma resoconti di fatti o tragedie che hanno colpito il lettore per la potente carica emotiva.

Prendiamo la dolorosa vicenda dello sfortunato giovane liceale padovano, in gita scolastica a Milano, che è morto cadendo dalla finestra di un albergo. Se, all’inizio, molti quotidiani non hanno dato particolare risalto alla notizia, poi il caso è esploso in tutta la sua complessità. E non si tratta di una curiosità morbosa, ma di una partecipazione forte, unita all’auspicio che sia fatta chiarezza su una morte così inspiegabile e oscura. Quante famiglie hanno, in queste settimane, i figli che sono in gita scolastica, magari proprio nel capoluogo lombardo sede dell’Expo? Ecco, quindi, che ci si chiede come sia stato possibile il volo del povero ragazzo, come mai gli insegnanti accompagnatori non si siano accorti di nulla o perché persista una certa reticenza nei compagni di scuola. Oggi, più di prima, sono i lettori che indirizzano le scelte dei giornalisti che debbono essere pronti a rispondere, con competenza e serietà. Da quanto tempo, ormai, si dice che gli italiani sono stanchi della politica, o meglio degli aspetti più deteriori di essa? Continuiamo a ripeterlo con una certa monotonia, ma insistiamo a dare troppo spazio a scissioni, liti, tradimenti che non hanno alcun interesse per il lettore. Non riusciamo, così, a liberarci da vecchi stereotipi. A Bagnaia i giovani studenti, che sono giustamente i nostri maggiori critici, ci hanno detto chiaro e tondo di “commissariare” la politica. In che modo? Limitando lo spazio dedicato all’argomento e cercando di mantenere i giornali autorevoli e indipendenti. Il futuro, noi giornalisti, ce lo dobbiamo conquistare ogni giorno.

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