Più che feticismo è mercificazione. David Bowie è morto quasi sette mesi fa e già dall’anno precedente era iniziata l’incessante opera di ristampa dei suoi album. Ora, come è stato annunciato sulla pagina ufficiale del Duca Bianco, arriva un cofanetto per celebrare due anni (1974-1976) molto particolari, quelli che rappresentarono per Bowie la chiusura definitiva con l’era glam. Subito rimbalza che la chicca del cofanetto sarà un disco d’inediti “Gouster”. Perché un disco d’inediti, in occasioni come queste, non manca mai. Il problema vero che le sette canzoni di “Gouster” non possono essere considerate a tutti gli effetti delle vere e proprio b-side (altro grande classico post mortem), ma vere e proprie radici per le canzoni che sarebbero arrivate dopo e finite nell’album “Young Americans”. Tra l’altro alcuni di quei pezzi sono già stati pubblicati in edizioni speciali dell’album in questione: come nella ristampa del 1991, in cui c’era “John, i’m only dancing (again)”. Che cosa aggiunge di nuovo  tutto ciò all’opera di Bowie? Nulla. E si rivela per essere l’ennesima operazione commerciale fedele allo spremere finché c’è ancora da spremere. Perché ci saranno sempre vecchie registrazioni su otto piste dimenticate e  pronte a rispuntare fuori o tracce impolverate.