Ferretti cantava: “Così vanno le cose, così devono andare. E se ci esalta fin troppo per una vittoria striminzita contro la controfigura dell’Inghilterra, ci si deprime fin troppo per un’uscita indecorosa dai mondiali ma annunciata almeno da dopo l’intervallo della partita contro l’Uruguay. Dunque assai prima dell’entrata scomposta di Marchisio, punita (in)giustamente con l’espulsione, e del morso cannibalesco di Suarez e del gol-vittoria tra le belle statuine azzurre. Tutto è finito quando Prandelli ha tolto Balotelli. Non vuole essere un’apologia del calciatore più antipatico che la storia del calcio italiano ricordi. Lui forse ne avrebbe bisogno in questo momento, in cui tutti si divertono a fare il tiro al Balotelli. Ma anche in questo caso viene in soccorso Giovanni Lindo Ferretti. “Non fare di me un idolo o mi brucerò”. Notti magiche, quelle sì, per il rock italiano. Ko de mondo dei Csi è un disco che constatava allora (1993) il declino ormai inevitabile dell’Occidente così come l’avevamo conosciuto fino ad allora. E a proposito di Occidente, qualora ne esista uno calcistico è in netta nettissima difficoltà proprio come stanno dimostrando i mondiali. Le potenze europee, o presunte tali come l’Italia e salvo rari casi per ora come Germania e Francia, cadono una dopo l’altra senza nemmeno l’illusione dell’accesso agli ottavi. Un’idea di gioco, totalmente estetica e talvolta vacua nella forma, come il tikitaka sembra ormai fuori dallo spazio e dal tempo calcistico. Sia per gli inventori del genere (la Spagna) sia per i presunti epigoni come l’Italia. Una nazionale la nostra, da solo chiacchiere e distintivo, presa a proclamarsi ciò che effettivamente non era. Non poteva essere la Spagna o il Barcellona il modello da seguire quando il gioco, il bel gioco, il futbol, era più una dichiarazione d’intenti che altro. In fondo l’Italia di Prandelli non ha mai giocato bene. Si è sempre sopravvalutata, anche dopo la vittoria contro l’Inghilterra. E qui viene in soccorso ancora Giovanni Lindo Ferretti. “Se divento un megafono mi incepperò”. La forza dirompente di quel disco, “Ko de mondo”, non era solo nel raccontare la decadenza dell’Occidente, ma anche nell’indicare una strada al rock italiano e alla sua scena, troppo preso a inseguire fino allora modelli anglofoni per arrivare a produzioni spesso da macchietta. Un po’ come l’Italia di Prandelli che pensava di poter giocare come la Spagna senza rendersi conto che la Spagna era già nella fase del declino e senza rendersi conto nemmeno di quello che era ed è il parco giocatori. Sopravvalutazione bella e buona. Esagerazioni quasi dallo sfiorare la circonvenzione di incapaci, quando si esaltava come epica la vittoria contro l’Inghilterra. L’Italia ha vinto con l’Inghilterra per un gol di Balotelli. E tornando alla possibile apologia del ragazzo mai diventato grande, questo dovrebbe sgomberare il campo da qualsiasi equivoco. Era l’unico, pose a parte da rockstar sguaiata, che poteva far gol e l’ha dimostrato. Anche perché nella miseria dei tiri azzurri verso le porte avversarie l’80% portano la sua firma, il 19% di Pirlo e il resto se lo dividono Marchisio e gli altri. Non ha ancora le spalle per reggere un’intera squadra, figuriamoci una nazionale. E forse non le avrà mai. L’errore è stato quello di far(gli) credere che avrebbe potuto farlo. Appunto: “non fare di me un idolo o mi brucerò”. E così è stato e così doveva andare. L’Italia è fuori dai mondiali, non per colpa di Balotelli, ma perché diceva di aver un’idea di gioco che in realtà non è mai esistita. Ecco il limite vero della gestione Prandelli che, stando sempre nell’ambito delle dichiarazioni d’intenti, sosteneva il contrario o quanto meno provava a inseguirlo. Perché sì questo sarebbe stato davvero rivoluzionario: avere una nazionale, che pur costruita nelle diversità, avesse un suo sistema di gioco che magari andasse aldilà dei numeretti. Negli ultimi vent’anni questa cosa è riuscita, ma solo per una manciata di partite, alla nazionale di Sacchi. E allora, meglio fare come fecero Ferretti e i Csi ventuno anni fa e ripartire da Finisterre. Da zero, dalla fine, per provare a costruire qualcosa. A loro, i Csi, riuscì bene, anche se durò solo cinque anni, quelli che bastano per arrivare a un altro mondiale e fare i conti poi per raccontarsi com’è andata, scongiurando magari un altro ko de mondo.