Mi si nota di più se dico che “il Nobel a Dylan è una stronzata” o se ammetto che “sì, forse, è meritato perché è ora di svecchiare le scelte di quei vecchi parrucconi dell’Accademia”. O ancora “legittimo il Nobel a Dylan, non giusto (attenzione), perché ormai è troppo tardi”. E infine “ma dai è un cantautore, non ha mai scritto un romanzo, come può vincere il Nobel”. C’è da annoiarsi veramente di fronte a un campionario di post e dichiarazioni del genere. Perché almeno Nanni Moretti quando sproloquiava, con la cornetta in mano, faceva ridere. Il problema è che sono passati quasi quarant’anni da “Ecce Bombo” e la stessa smania di sembrare “alternativi”, fintamente “controcorrente” o ancora politicamente scorretti (che qualsiasi divinità ci scampi per i prossimi almeno quattro lustri dalla contrapposizione tra politically correct and unpolitically correct, ne abbiamo le orecchie piene ormai) è stata ulteriormente dopata dall’esposizione – non richiesta ma ricercata – sui social.

Facciamo così, almeno nel caso di Bob Dylan e del premio Nobel appena ottenuto, qui lo dico e qui non lo nego e potrò sembrare non così stratificato o addirittura profondo nella mia convinzione: è giusto che Dylan abbia vinto il Nobel. No, non sono solo canzonette. E una volta per tutte – forse i parrucconi (ma ormai sono in via d’estinzione anche a Stoccolma) l’hanno capito – è sicuro che determinati testi/canzoni (anche se non sono ammantati dalla garanzia poetica del critico di turno) siano più profondi di determinate poesie che vorrebbero raccontarci l’assoluto ma spesso sono incomprensibili ai più. Al distico elegiaco, preferisco le strofe e ritornelli di Dylan. Che sono in grado di provocarmi emozioni. Chiamatela empatia di ritorno, ma stasera più di altre sere, non c’è di meglio che ascoltare “Mr Tambourine Man” e pensare che, sì davvero, è la canzone che avremmo voluto scrivere. Ma non ne siamo capaci. Ascoltandola però, proviamo piacere. E divaghiamo. Forse anche sogniamo. Sicuramente ci emozioniamo.  Magari al solo sentire pronunciare “Jingle Jangle morning”. Che ancora continuiamo a chiederci che cosa significhi. Ma suona benissimo. Onomatopeico.