Quegli archi lì e quel finale, scandito, poi urlato, un grido di dolore che si tramuta in speranza:”There’s a light”. C’è una luce. Anche quando il tunnel sembra infinito. Anche quando le giornate girano storte. Non battono pari. Anche quando la tua casa è a chilometri di distanza e a dividerti da lei e dagli affetti c’è un’autostrada che sembra un muro. Curve, tornanti e la fine, l’arrivo, non si vede mai. Quando svalichi e pensi che quello sia l’ultimo tornante e poi ne arriva subito un altro e un altro ancora. Ma ormai sei abituato ad affrontare i tornanti che è vero che poi non sono sempre gli stessi. Ma sempre tornanti sono. E allora ti viene in soccorso quel grido disperato, che viene dalle viscere, che è un impasto magico, ma vero, di carne, ossa, nervi e sangue. E’ assolutamente vero, è vita. E’ la vita. C’è una luce come cantano i Thee Silver Mt. Zion Memorial Orchestra. E poco importa se la conoscenza non è datata, se non li hai mai considerati la tua band preferita. Basta quella canzone per irrorare quotidianamente la volontà di andare avanti. Nonostante tutto. In direzione ostinata, contraria. Quindici minuti. Di archi, di rumore, di rabbia, di sogni spezzati, di speranze a cui aggrapparsi come se fosse l’ultima. Come se non ci fosse un ritorno. Quindici minuti che non inseriscono, di diritto, “There’s a light” nel catalogo delle canzonette. Fortunatamente. Quindici minuti che sono lo specchio fedele della vita. Degli stati d’animo che si accavallano e si rigirano su se stessi che non ti danno tregua. Equilibrio precario, ma una certezza: spostare lo sguardo oltre, anche quando davanti sembra esserci solo il nero pece. Anche quando il respiro è affannoso, anche quando l’ansia ti divora lo stomaco, anche quando le paure ti immobilizzano le gambe, anche quando la gola è secca, anche quando le forze sembrano ormai essere arrivate alla fine, anche quando tutto sembra perso, anche quando il gorgo sembra ormai averti risucchiato e solo la testa è rimasta fuori. Ma basta quella per spingerti a credere che una luce c’è. E d’incanto quel disperato grido “there’s a light” diventa la tua ragione di vita. Riprendi forza, la pelle si irrigidisce un po’, ma il sangue torna a scorrere e l’ossigeno arriva al cervello. Ecco, mi sono sempre aggrappato a questa canzone nei momenti più difficili. E lo faccio ancora.