VEDI I VIDEO “Stanno sopra di te”, “Natura” , “In due” letta da Roberto Herlitzka , “Dalla torre” , “In Toscana. Un viaggio in versi con Mario Luzi”, documentario  di Marco Marchi, regia di Antonio Bartoli e Silvia Folchi

Firenze, 27 marzo 2024 – Ricordando che qualche anno fa a Firenze, presso la Sala Ferri del Gabinetto G.P. Vieusseux in Palazzo Strozzi, fu presentato il volume di Mario Luzi e Pietro Paolo Tarasco Le umili meraviglie, a cura di Paolo Andrea Mettel. Un bella serata con interventi di Paola Baioni, Marco Marchi, Nino Petreni e Pietro Paolo Tarasco, con un saluto di Gloria Manghetti, moderatore il compianto Paolo Andrea Mettel.

Con meravigliosa umiltà (l’umiltà meravigliosa della quale il suo grande poeta e grande amico Mario Luzi costituiva un esempio radioso, indimenticabile) Pietro Paolo Tarasco ha allestito assieme a Paolo Andrea Mettel un album: un bellissimo album della memoria che è in sostanza un album della poesia e dell’arte, e quindi, al di là degli affetti e dei ricordi personali che potentemente lo permeano e in sottofondo segretamente lo alimentano, di una memoria di per se stessa votata ad essere presenza oltre lo spazio e il tempo, comunicazione e condivisione permanenti, durevoli, senza confini. Un album dell’esistenza di valore universale, anche, che si accampa e si lascia cogliere per via di emergenze e coincidenze, direzioni e traguardi paralleli già armonicamente in atto in ogni loro dettaglio, perfino nelle tracce lasciate a margine o escluse, nelle segnaletiche d’orientamento e d’intesa più precariamente affidate agli appunti del quotidiano biografico che questa selezionatissima certificazione per exempla lascia solo intuire, ma che in realtà solidamente presuppone.

Un artista filologo poi rifattosi artista tout court, potremmo definire in questa circostanza Tarasco: un cronista innamorato che tutto registra e tutto conserva nell’accordarsi con puntigliosa esattezza al modello magistrale prescelto e costantemente tenuto presente; forse, inconsapevolmente, perfino un filosofo, risolto anch’esso, però, alla fine, nell’artista e in nient’altro. Nell’immaginare, redigere e poi licenziare questo libro quintessenziale, che include nella sua coltivata richiesta di eccellenza e di assoluti di valore emblematico anche ciò che per forza di cose non esibisce, Tarasco ha investito, io credo, la stessa devota e paziente meticolosità che ogni giorno a Matera, nel suo studio, dedica alle sue lastre e alle sue stampe, secondo un impegno che da sempre ha richiesto agli altri, con umiltà e sincero interesse, la verifica della bontà dei risultati raggiunti, la loro attendibilità, la loro riuscita di messaggio in grado di pervenire e di coinvolgere.

Mi è facile immaginare il buon Pietro – nell’impostare il menabò di questa pubblicazione come nell’avere accarezzato un’idea, nell’avere a lungo coltivato un progetto balenato e ora resosi finalmente realizzabile – alle prese con un confronto stabilitosi per lui familiare e pressoché ineludibile: un confronto adesso, se possibile, accresciuto nei suoi alti significati di soggiogante ammirazione e di dinamica suscitazione ispirativa. “Che cosa penserà Mario Luzi del mio lavoro? Sarà degno di lui, della sua sublime poesia e del gratificante dono aggiunto di un’amicizia protratta così benevola e disponibile, così umanamente attenta?”. E le risposte di Mario Luzi, ‘il Professore’, puntualmente un tempo arrivavano, rassicuranti, magari attraverso una cartolina, la sua inconfondibile voce al telefono o una dedica (io, caro Pietro, in quanto a dediche di Luzi ne posso vantare una davvero sibillina e speciale: “A Marco / senza parole / Mario”).

Scriveva del resto il poeta, pubblicamente, in un suo testo prefatorio per una personale dell’artista materano tenutasi a Friburgo nel lontano 1992: “Penso spesso a Tarasco come a uno di quei monaci che arrideva al pensiero di Cristina Campo, pazienti e ilari nella pratica accuratissima della loro perizia di artefici (di qualsiasi arte). Secondo lei la gloria dell’arte è l’attenzione. E certo le umili meraviglie di Tarasco non la contraddicono per niente. La loro musa è proprio quell’incantata attenzione che la mite e pure agguerrita tecnica esalta”.

Le umili meraviglie nascono da questa humus condivisa di sentimenti, di condizioni e prima ancora di vocazioni: di ubbidienze alla chiamata dell’arte pronte a riconoscersi, ad incrociarsi, coalizzarsi e convergere, di privilegiate risorse umane fattesi per ciascuno dei due protagonisti di questo incontro più incarnate e insieme più trascese nell’atto stesso di diventare espressione, rappresentazione di umani destini fra terra e cielo. Una piattaforma di complicità singolarmente affiatata e profonda, esigente e confidente, risoltasi nella prosecuzione ininterrotta di un dialogo di segni che anziché subire con la scomparsa di Luzi amputazioni, smarrite perdite di fiducia o costernati cedimenti al silenzio ha continuato a moltiplicarsi e dinamicamente concrescere: ad aprirsi al mondo, ad insediarvisi con la naturalezza, volta a volta, di un nuovo oggetto creato, di un’ulteriore evidenza e di un ulteriore mistero che prima non c’erano e che ora miracolosamente sono qui, sotto i nostri occhi.

A tal punto e con tale forza da far ripetere ad altri ‘attratti’ dalla bellezza della poesia e dell’arte – amici di Mario Luzi o di Pietro Paolo Tarasco, e magari, con molta fortuna, amici di ambedue – l’arduo ma proprio per questo gioiosissimo augurio-riconoscimento dell’amicizia: “Perché tutto è comune”.

Marco Marchi

Stanno sopra di te                            

Stanno sopra di te
ariosamente
gli alberi erborando,
s’invoglia nel suo azzurro il cielo,
si sente persuasa
di sé, in sé precisa, a niente
remissiva ogni vita
antica ed incipiente,
ogni erba, ombra, volo,
ogni risorgiva.
Scande
il verso del cucù.
Vivi e guardi, teste non sei
ma parte. Oh mondo, mondo
.

Mario Luzi

(da Lasciami, non trattenermi)

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