VEDI I VIDEO “La meteria della poesia” , “A matéria do poema” e altri testi letti dal poeta, con Milo De Angelis (2016) , “Fons vitae”“Lavoro diurno” , Nuno Júdice si racconta, in francese, con Massino Sannelli (2016)

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Firenze, 20 novembre 2022 – È il poeta portoghese Nuno Júdice il vincitore della XXI edizione del “Premio letterario internazionale Carlo Betocchi-Città di Firenze”. Così ha deciso la giuria del Premio, presieduta da Marco Marchi e composta da Sauro Albisani, Anna Dolfi, Antonia Ida Fontana, Francesco Gurrieri, Gloria Manghetti e Maria Carla Papini.

La cerimonia di premiazione, condotta da Marco Marchi, domani pomeriggio a Firenze dalle ore 17, all’Auditorium Giovanni Spadolini, Palazzo del Pegaso, Via Cavour n. 4.  Saluto di Antonio Mazzeo, Presidente del Consiglio Regionale della Toscana, letture di Fabio Facchini e interventi musicali dell’arpista Antonella Natangelo. Con la partecipazione di Carla Marisa da Silva Valente (Università di Torino e di Firenze).

Nato a Mexilhoeira Grande nel 1949, Nuno Júdice è uno dei maggiori poeti portoghesi contemporanei e tra i più rilevanti del panorama europeo. Laureato in filologia romanza ha insegnato letteratura comparata all’Università Nuova di Lisbona dal 1976 al 2015. Collaboratore delle riviste «O tempo e o modo» e «Jornal de letras» e poi direttore di «Tabacarias», è attualmente direttore della rivista «Colóquio-Letras» della Fondazione Calouste Gulbenkian. Dal 1997 al 2004 è stato consulente culturale dell’Ambasciata del Portogallo a Parigi e direttore dell’Istituto Camões.

L’esordio poetico risale al 1972 con i versi di A noção de poema (La nozione di poesia), cui seguiranno raccolte poi riunite nell’edizione complessiva Obra poética 1972-1985 (1991) e quindi nel volume Poesia reunida 1997-2000 (2001). Tra le sue opere venute dopo ricordiamo Pedro, Lembrando Inês (2001), Cartografia de Emoções (2001), O Estado dos Campos (2003), Geometria Variável (2005), As Coisas Mais Simples (2006), O Breve Sentimento do Eterno (2008), A Matéria do Poema (2008), Guia de Conceitos Básicos (2010), Fórmulas de uma luz inexplicável (2012), Navegação de Acaso (2013), O Mito de Europa (2017), O Coro da Desordem (2019), 50 anos de poesia. Antologia Pessoal 1972-2022 (2022), e le raccolte tradotte in italiano da Chiara De Luca per le edizioni Kolibris: A te che chiamo amore, La materia della poesiaFormule di una luce inesplicabile (rispettivamente 2011, 2013 e 2016). Tradotti in italiano anche l’antologia La poesia corrompe le dita (a cura di Adelina Aletti, con prefazione di Luciana Stegagno Picchio, 1991) e, recentemente, il romanzo La cospirazione Cellamare (Grimaldi, 2020).

Alla produzione poetica Júdice ha affiancato un’intensa attività di traduttore di poesia e di opere teatrali (Molière, Corneille, Shakespeare), di saggista e critico letterario e di narratore. Tradotto in varie lingue, ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti, fra cui, nel 2013, il prestigioso Premio Reina Sofía per la poesia iberoamericana.

Marco Marchi

La materia della poesia

                                     A Salah Stétié

C’è una sostanza delle cose che non
si perde quando le ali della bellezza
la toccano. La perdiamo di vista, talvolta,
girando gli angoli della vita; ma
lei ci insegue con il suo desiderio
di permanenza, e viene a contaminarci
con l’infezione divina di una febbre di
eternità. I poeti lavorano
questa materia. Le loro dita estraggono
il caso da chi va
loro incontro, e sanno che l’improbabile
si trova nel cuore dell’istante,
nell’incrocio di sguardi che
la parola della poesia traduce. Leggo
ciò che scrivono; e dalla fiamma che
i loro versi alimentano si leva
un fumo che il cielo disperde, in
mezzo all’azzurro, lasciando appena un
eco di ciò che è essenziale, e permane.

(traduzione di Chiara De Luca)

A matéria do poema

                                  Para Salah Stétié

Há uma substância das coisas que não
se perde quando as asas da beleza
lhe tocam. Perdemo-la de vista, às vezes,
por entre as esquinas da vida; mas
ela persegue-nos com o seu desejo
de permanência, e vem contaminar-nos
com a infecção divina de uma febre de
eternidade. Os poetas trabalham
esta matéria. Os seus dedos tiram
o acaso de dentro do que vem ao
seu encontro, e sabem que o improvável
se encontra no coração do instante,
num cruzamento de olhos que
a palavra do poema traduz. Leio
o que escrevem; e da chama que
os seus versos alimentam eleva-se
o fumo que o céu dispersa, por
entre o azul, deixando apenas um
eco do que é essencial, e fica.

Nuno Júdice

(Da Formule di una luce inesplicabile, 2016)

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