VEDI I VIDEO “La cipolla” letta dall’autrice, con sottotitoli in italiano“La cipolla” cantata , “Amore a prima vista” letta da Claudia Gerini , “La stazione”  , Wisława Szymborska secondo Roberto Vecchioni

Firenze, 1 febbraio 2022 Oggi ricorre l’anniversario della morte della poetessa polacca Premio Nobel per la letteratura 1996 Wisława Szymborska (Cracovia, 1 febbraio 2012). Per ricordarla abbiamo scelto una delle sue poesie più famose e rappresentative, un testo dove la sua cifra stilistica bilanciata tra ironia, garbata affabilità, gusto del paradosso e sapienza si rileva al massimo grado. Con femminile dolcezza Wisława Szymborska smantella certezze, facendo di esse risibili luoghi comuni, instabili convinzioni e inaffidabili pronunciamenti. Una poetessa molto amata in patria e che ormai, data la sua notorietà garantita dal Nobel e la sua originalità espressiva veramente inconfondibile, tutto il mondo ama. Buona giornata a tutti con i suoi versi! M. M.

La cipolla

La cipolla è un’altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore.

In noi ignoto e selve
di pelle appena coperti,
interni d’inferno,
violenta anatomia,
ma nella cipolla – cipolla,
non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda,
fin nel fondo e così via.

Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell’una ecco sta l’altra,
nella maggiore la minore,
nella seguente la successiva,
cioè la terza e la quarta.
Una centripeta fuga.
Un’eco in coro composta.

La cipolla, d’accordo:
il più bel ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi – grasso, nervi, vene,
muchi e secrezione.
E a noi resta negata
l’idiozia della perfezione.

(traduzione dal polacco di Pietro Marchesani)

Cebula

Co innego cebula.
Ona nie ma wnętrzności.
Jest sobą na wskroś cebula,
do stopnia cebuliczności.
Cebulasta na zewnątrz,
cebulowa do rdzenia,
mogłaby wejrzeć w siebie
cebula bez przerażenia.

W nas obczyzna i dzikość
ledwie skórą przykryta,
inferno w nas interny,
anatomia gwałtowna,
a w cebuli cebula,
nie pokrętne jelita.
Ona wielekroć naga,
do głębi itympodobna.

Byt niesprzeczny cebula,
udany cebula twór.
W jednej po prostu druga,
w większej mniejsza zawarta,
a w następnej kolejna,
czyli trzecia i czwarta.
Dośrodkowa fuga.
Echo złożone w chór.

Cebula, to ja rozumiem:
najnadobniejszy brzuch świata.
Sam się aureolami
na własną chwałę oplata.
W nas – tłuszcze, nerwy, żyły,
śluzy i sekretności.
I jest nam odmówiony
idiotyzm doskonałości.

Wisława Szymborska

(da Grande numero, 1976)

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