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Firenze, 6 dicembre 2021 – Si svolgerà questo pomeriggio all’Auditorium Giovanni Spadolini di Firenze (Palazzo del Pegaso, Via Cavour) la cerimonia di premiazione della XX edizione del Premio Internazionale Carlo Betocchi-Città di Firenze.

Nella poesia di Milo De Angelis la Giuria del Premio Internazionale Carlo Betocchi-Città di Firenze ha riconosciuto all’unanimità una delle espressioni più alte dell’attuale poesia italiana. Questo premio attribuito a De Angelis ha inteso significare non solo un riconoscimento all’odierna attività creativa del poeta rappresentata dalla raccolta Linea intera, linea spezzata, apparsa appunto quest’anno nello Specchio di Mondadori, ma un riconoscimento complessivo, articolato e inclusivo: un premio, come si dice e come ci piace espressamente dire, “alla carriera”.

“La scrittura poetica è per Milo De Angelis – come notò molti anni fa un critico rimasto affascinato da quel laboratorio espressivo particolarissimo – dettatura, voce che per essere ascoltata impone l’accettazione di un “io” spoliato e ferito al centro di una concezione fatalistica di tipo eschileo”. Le nozioni di totalità e di rilevato principio dell’amore instauravano già in altri termini, nell’iniziale De Angelis – quello di Somiglianze e soprattutto quello di Millimetri e Terra del viso, libri dei primi novecenteschi anni Ottanta –, una feconda dialettica distanza-inveramento giocata tra passato e presente, tra ciò che è già stato e risulta irrevocabilmente, esemplarmente dato una volte per tutte e trascorrere del reale, mito fattosi distensione leggendaria e, insieme, puntuale compimento dell’istante.

Un contrasto agonico che già pregiudicava l’evidenza rappresentativa e la perentorietà del segno di De Angelis, volto su tale strada a un superamento in chiave moderna dell’evocativo e del nostalgico e, parallelamente, degli ormai compromessi filtri tradizionali della memoria, a favore di una sorta di indomita presa diretta del reale fattasi parola, in cui il tragico, senza inutili infingimenti o indulgenze, si imponeva con i suoi grandi temi oscuri della malattia e della morte, non esenti tuttavia da aperture in cui l’ossessione luminosamente produceva evocazioni paghe di sé, soste estatiche, apparizioni della speranza.

Sono sommari rilevamenti di forme d’imprinting ispirativo e forme di fedeltà a esso che ancora oggi, dopo tanti anni, possono valere ad introdurci nell’universo poetico dell’autore: un universo che si irradia in un ampio, perennemente mutante e sempre necessario mosaico testimoniale che ha via via previsto Distante un padre, Biografia sommaria, il bellissimo Tema dell’addio, la prima raccolta del nuovo millennio, fino a Quell’andarsene nel buio dei cortili del 2010, al notevole Incontri e agguati di cinque anni dopo e all’ultimo, recentissimo e altrettanto notevole, Linea intera, linea spezzata del 2021.

Marco Marchi

Ti ritrovo alla stazione di Greco

Ti ritrovo alla stazione di Greco
magro come un rasoio e ulcerato da un chiodo
che tu chiamavi poesia poesia poesia
ed era l’inverno eroico di un tempo
che si oppone alla vita giocoliera… e vorrei
parlarti ma tu ti accucci in un silenzio
ferito, ti fermi sul binario tronco,
fissi il rammendo delle tue dita
con la gola secca di fendimetrazina,
e la palpebra accesa da mille frequenze
mentre la Polfer irrompe nel sonno elettrico
e riduce ogni tuo millimetro all’analisi del sangue…
…vorrei parlarti, mio unico amico, parlare solo a te
che sei entrato nel tremendo e hai camminato
sul filo delle grondaie, nella torsione muscolare
delle cento notti insonni, e ti sei salvato
per un niente… e io adesso ti rifiuto
e ti amo, come si ama un seme fecondo e disperato.

(da Incontri e agguati, Mondadori 2015)

Sala Venezia

Qui tutto diventa veloce, troppo veloce
la strada si allontana, ogni casa sembra una freccia
che moltiplica porte e scale mobili e allora hai paura.
Senti i tuoi passi in migrazione,
vuoi rallentare, hai paura
e allora entri in questa sala di via Cadamosto,
saluti gli ultimi giocatori di biliardo,
pronunci lentamente un commento preciso sulle sponde
o sull’angolo di entrata, fai una piccola scommessa
e sorridi e ti acquieta il panno verde
come un prato dell’infanzia, ti acquietano i bordi
di legno che ora contengono il tuo evento
e la forza centripeta che conduce l’universo
in un solo punto illuminato.

Comunità incontro

“Ma puoi uscire qualche volta?” gli chiedo
perforando all’improvviso il silenzio,
mentre l’ombra scende sulla ghiaia
e la sua anima assetata vaga
nel cortile senza meta e anche le dalie
trattengono il respiro e il tempo
a poco a poco ci separa:
Tacciono gli antichi richiami della cena
e della madre, l’infanzia
si fa buia e non è sua
né mia ma appartiene a una polvere diffusa
che ci avvolge e ci fa muti.

(da Linea intera, linea spezzata, Mondadori 2021)

Milo De Angelis

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