Mai troppo grato alle illuminazioni conoscitive di Gianluca Nicoletti, stamane mi sono studiato a fondo “Umarells 2.0”. Un libro fino, fine e raffinato. Finalmente un vero trattato di sociologia. Che, lo dico senza piaggeria, andrebbe inserito di diritto in ogni facoltà universitaria che s’interessi della cosa umana. L’autore è Danilo “Maso” Masotti, l’istituzionalizzatore dell’omarello bolognese. Un capolavoro, c’è poco da fare. Per almeno un bel grappolo di motivi. Primo: Masotti ha dato forma letteraria ufficiale e identità a ciò che non l’aveva. Secondo: tipico d’ogni scrittore e artista di talento, ha messo nero su bianco ciò che tutti pensavano e vedevano, ma non avevano il coraggio di formalizzare. Terzo: con uno stile che acchiappa, ha dipinto magistralmente la caratterizzazione degli umarells. Quarto: gli ha dato un’immagine. Quinto: ne ha teorizato il ruolo fondamentale nella società. Sesto: personalmente mi ha ricordato una filosofia di pensiero comune a me e al mio fratellone.

Ebbene, nella nostra Pesaro, atavica nemica del basket bolognese, avevamo coniato una categoria umana affine all’omarello bolognese, ma forse un pelo più rude e sprezzante, comunque meno gioviale del corrispettivo bolognese: il “ficaccio”. Al plurale i “ficacci”. Il loro carattere più spigoloso deriva dalla marchigianità bastarda, al confine con la Romagna altrettanto bastarda. E’ una rozzezza di fondo, con striature d’ingenuità, che rasentano quasi la bambinaggine. I “ficacci”, come gli umarells, amano il bricolage, ma hanno una particolare predisposizione per le logiche dei motori e delle biciclette. Paradigma del “ficaccio” era uno di quei meccanici del pedale più rari d’una merceria: lo chiamavamo “Pedivella”. Parlava un italiano quasi forbito quando era fuori dall’ufficialità della sua parte, ma quando indossava i panni blu impregnati di sugna si sentiva un dio. La lingua si contorceva in un dialetto compiaciuto, sincopato e sprezzante. L’alfabeto del pedale veniva, se possibile, intervallato da bestemmie mozze e imprecazioni fuori luogo. “Pedivella” faceva sentire facchino anche un plurilaureato, anche così, ammantato di nero e grasso e con un riporto da papà della famiglia Mezil. Un altro “ficaccio” della miseria era un ometto tozzo del quartiere che intimoriva mia sorella alla guida. “Oddio, adesso inizia a fare i gesti con le mani”.

Come magistralmente scritto da Masotti, l’umarel satellitare è uno dei classici. Beh, un giorno quell’ometto tozzo tanto fece che mia sorella finì a sbattere contro un palo. Aggiungerei un’altra tipologia che va a scontrarsi con la zdaura (si scrive così?) infarcita di bigodini. Perché da noi, nel nord delle Marche che è l’estremo sud della Romagna, anche certe donnette hanno una patina di “ficaccio”. Al supermercato, habitat naturale del mattino, queste “gnore” girano con buste di plastica azzurre che odorano di mele e parmigiano, per infilarci poi dentro formaggi e salumi. Le calze sono color carne, le scarpe in pagliuzza di Vienna e in genere qualche pelo superfluo. Quando aprono bocca, difendono a spada tratta i figli barra figlie. Che gli smollano i pupi anche per tredici ore al giorno, succhiandogli il sangue e tirannicamente pretendendo lavatrici, tegami con la pappa pronta e il neonato ripulito dal caccone. Li giustificano perché “lavorano”. E in genere questo amore filiale è morboso.

Le “gnore” o “donnette” puntualizzano che il figlio barra figlia è laureata, con quanto e il titolo sul lavoro. Nella prassi, sono tutti direttori di banca (che poi sarebbero umili esecutori materiali di veri direttori e comunque non più di capetti di filiale di quattro, cinque persone) e ricercatori, che magari si fanno gli affari loro mentre la “gnora” sta spupazzando la creatura pestilenziale per la casa. Tipologie a parte, un grazie a Masotti per la straordinaria intenzione di mettere nero su bianco questi pilastri della società, che andrebbero, magari contro la loro natura essenzialmente patriottica, “globalizzati” in un libro anche non solo bolognese. Grazie anche a Gianluca Nicoletti e al suo Melog, che ce li hanno fatti scoprire. E grazie anche a “umarells”, “ficacci” e “gnore”. Perché senza di voi le città e i condomini non vivrebbero. E la società sarebbe solo un grande bluff. Piena di nulla.