Scienze della disinformazione. Scienze della confusione. Scienze del cazzeggio. Scienze della disoccupazione. E’ il caleidoscopio di nomignoli che si merita scienze della comunicazione, un aborto clandestino di facoltà che ha fatto fesse generazioni di studenti col mito del manageriato facile e facilone e milionari prof di qualunquismo travestiti da giornalisti della penna rara.

Il regno della tuttologia senza pudori ha sfrattato, in certi casi, anche la vetusta facoltà di lettere, dove s’insegnava a leggere ma non a scrivere. Scienze della comunicazione, il cui nome è tra i primi di quelli edulcoranti d’una istruzione ontologicamente vuota, ha pompato le camere d’aria di chi s’era gonfiato dicendo di avercela fatta. Nulla di tutto ciò: l’aborto ha generato mostruosità disoccupazionali a vantaggio dei vecchi ma sempre buoni studenti di filosofia.

Conosco masnade di ragazzi beffati da un miraggio di comunicazione che le scienze avevano cercato di inculcargli. Ora vedo solo masse di logorroici bolsi, secchioni, senza pratica di nulla, zeppi di miraggi e sogni impossibili, materie fondamentali di scienza della disoccupazione.