Un disorientamento generale. La politica e (soprattutto) la non politica che annaspa. Strane voci perbeniste e populiste che si levano nel foro del nulla. In questa notte della mente, il puzzo di polvere da sparo e l’assalto ai forni in mano (oggigiorno) agli esattori, non sono altro che un fuoco già visto. La mente torna a un biennio che decise le sorti d’Italia. Sul trono di palazzo Chigi stavano i liberali, ingrigiti e ormai annacquati dall’inettitudine e dall’impotenza. L’economia era stagnante, come avviene in un periodo post-bellico. Chiaro che, al primo segnale di populismo, l’italico pollaio risollevasse la testa. Guardando non più ai cannoni della Grande (illusoria) Guerra ma ai balconi dell’oratoria facile e distruttiva, irruentemente populista e, prima nichilista, poi vitalista e superomista, a seconda delle opportunità e delle contingenze. Questo balconismo da omelia e sermone ci riporta ad oggi. C’è chi vuol cavalcare l’onda, urlando, sbraitando, distruggendo, demolendo. Ma senza proporre. Ecco, almeno, i balconi del Ventennio, un pur minuscolo pregio ce l’avevano: qualcosa costruivano. E, nello sfondo, seppur deviata, fanatica e repellentemente viscida, avevano una loro ideologia. Oggi manca questa e la concretezza. Non cerchiamo posti al sole, ma all’ombra del pessimismo, vomitandoci addosso anche ciò che non dovremmo.

Non abbiamo un folle d’oltralpe a cui fare il verso, ma sostanzialmente seguiamo a bacchetta (e qui dobbiamo ringraziare chi per l’Eurozona tronfiamente s’è battuto) i dettami teutonici, ripetendo ossessivamente quel termine, spread, che non ci cambia la vita e neanche le pene quotidiane. In questa baruffa, trionfa l’ideologia della non ideologia. Il becero e temibile popuplismo, che da sempre ha generato mostri, come il terrorismo, le dittature e il disfattismo. Ora che siamo in gioco, giochiamo. Remiamo tutti nella stessa direzione. Con chi, lo si voglia o no, di conti se ne intende forse più di noi. E non andiamo sulla scia di un disfattismo che provoca solo drammi umani a cui solo la Chiesa, innegabile, e pochi altri stanno tendendo la mano. Periodi assai più bui abbiamo attraversato. C’era un tempo in cui, alle frontiere, in cerca di un tozzo di pane dal sapore americano o belga, venivamo visitati, schedati e darwiniscamente scartati o resi abili alla fatica. Come bestie. Oggi l’Italia, se permettete, è un po’ diversa. E dovrebbe esserne anche un po’ fiera. Questo va insegnato. E predicato. Buon fine settimana a tutti.