Alla faccia di chi le vuole male, la neve fa fioccare pure il lavoro. Sto viaggiando in corriera per raggiungere la redazione. Dal finestrone ammiro e apprezzo gente che spala il marciapiede. Hanno badile e pettorina fosforescente. Che spicca ancor di più: perché quelle persone sono di colore. Stanno chine, sudano e tengono sicura e pulita la città che io sporco. Mi vergogno. Oggi andrò a lavorare davanti a una scrivania. E farò pure l’affaticato. Ma quei ragazzi, quelli davanti a me, si spezzano la schiena al freddo. Eppure sono lì, non battono ciglio per pochi euro al giorno.

Eccola, una vera prova di civiltà. Di senso civico. Certo, retribuito, ma a che prezzo. Penso che se avessero un posto fisso, sarebbero loro a darci l’esempio. E che se l’avessero di certo saprebbero cosa fare. Quelle sono persone che non s’annoiano. E che lo spread lo percuotono a suon di badile, se necessario. Ieri ho provato quasi un senso di vergogna: un quotidiano d’una città canzonava un assessore che, giustamente, invitava i cittadini a munirsi di  pala e sale e a provvedere a pulirsi la soglia di casa. Non l’avesse mai detto: accuse e indignazione. Cittadini abbandonati. Fregnacce. Non ci sono servi e servitù.

Ognuno deve fare il suo e contribuire. Pare che la neve ci dia licenza di vittimismo. Che tutti diventiamo anziani e indifesi. Ma per favore. Ieri il Comune di Ancona ha lanciato un “bando” per spalatori. Si sono presentati a centinaia. Orgogliosi di farlo. A loro, a lavoro finito, proporrei la medaglia di cavalieri del lavoro. Ma non in oro finto, in quattrini sonanti. Perché è quello il paese che lavora davvero.