Un ottimo Giordana riporta il cinema degli Anni di piombo sul binario giusto. Complottistico quanto si vuole, ma scrupolosamente aderente alla storia giudiziaria e alla scenografia reale delle grigie giornate dell’Autunno Caldo. La vampata del finale è un cerchio che racchiude una teoria ben chiara, ma non penalizza il resto del film. Dove si entra dentro, con una complesità pari a quella dei teoremi che ruotano attorno ai cerchi concentrici del relativismo sulla vicenda piazza Fontana. Non posso giudicare sulle interpretazioni dei personaggi: qui la parola spetta solo a chi a loro è stato legato nella vita. 

Comunque una buona compensazione tra trama narrativa e slancio artistico, con un altrettanto ottimo dosaggio tra verità e interpretazione. Dopo gli indigesti malloppi del decennio appena concluso, il lavoro di Giordana apre uno squarcio su una realtà cinematograficamente lasciata in un angolo, riportata alla luce solo dai colleghi cronisti. Che, scruplosamente, hanno lasciato che le bombe del 12 dicembre ’69 non finissero con quel dolciastro odore di mandorle che impregnò il salone della banca dell’Agricoltura quel maledetto pomeriggio. Un altro punto a favore di Giordana: della criminalità, a dispetto del titolo, non ha fatto romanzi rozzamente ricostruiti. Come altri. Ce ne fossero, di lavori così, sugli Anni di piombo. Buona visione a chi ancora deve entrare al cinema.