Aveva ragione il vecchio Aristotele: l’uomo è un animale sociale. Dizione condivisa e 3.0: l’uomo è un animale social. Network. Ahimè, ahinoi, non lo so. Ma lo rimpastavo nella mente qualche ora fa, al brontolare della serranda del mattino. La tesi banalfilosofica l’ho elucubrata all’apertura della mia finestra al mondo: appena infilato il muso fuori, ho incrociato la vicina. Sguardo truce, intirizzita dalla rugiada dei colli marchigiani dove me ne sto rintanato, pareva peggio d’un camoscio nel parco d’Abruzzo. S’è voltata di scatto, con uno schiocco degli zoccoli pari a quelli d’una bestia rara. Quasi per mimetizzarsi alla profana visione oltre la grata del convento sociale, diaframma del rapporto tra esseri umani.

Colto da struggente sconforto, ho cercato sollievo nella scatoletta virtuale. Tu, mondo azzurro e beatificato da celebrate liriche leopardiane, mi rifiuti? Ok, io mi ficco nella mia scatoletta piatta e insulsa. A parlare coi tasti, le chiocciolette e i tag. Smanetto sul portatile da allineato sociale, arrotolo la serranda di Twitter (silente, garbata e neanche brontolona come quella vera) e incrocio sguardi di pixel, per lo più sorridenti quando non atteggiati, profili più vivi della vita, ritratti sghembi e manieristici, affamati di contatti. Di parole. Di rapporto umano. E che fanno? Scrivono. Chattano. Ti abbracciano nella loro comunità dei sensi, che non puzzano, non parlano, non muovono occhi e non si discostano come orsi marsicani. Così lontani e così vicini. Non come la signora che c’è fuori dalla mia finestra: così vicina, così lontana.

Di colpo, dietro a uno schermo, sfuma la ritrosia. Si diventa disinvolti. Letterati, persino. Altro che quel burbero e sanguigno dialettaccio maceratese. Un mondo patinato, twitterato di fili e gomitoli di saggezza e massime, più o meno sgraffignate e plagiate in ogni angolo di Rete. Eccolo, il mio amico. Mi parla, mi compiace, mi lusinga e soprattutto mi sta lontano almeno una cinquantina di chilometri. Pateticamente, mi viene persino da pensare al grande Lucio: sì, caro amico ti scrivo. A cinque metri dalla mia scrivania, invece, la finestra che dà su quell’animale della vicina. Che vedo tutti i giorni. Che si muove, attenta a non farsi notare. A non scambiare sguardi e parole. Specie protetta ai rapporti umani. In via d’estinzione.