Oggi ci sentiamo proustiani. Pateticamente nostalgici e romanticoni. E vogliamo riassaporare le nostre madeleine. Quelle degli anni Ottanta. Che ci ricordano l’età dell’asocialità, del disimpegno totale, del menefreghismo. Come madeleine, volevamo trovare qualcosa di originale. Roba non spirituale, ma materialissima. Come giochi e giochetti, il cui odore di plastica ci riporta allo sgabuzzo del negoziante di turno. Per esempio: ricordate il “Noncibuchi”, quell’affare con la cordicella e la pallina che doveva finire nel cerchietto? E la pubblicità, con la vecchia zia che si divertiva come un’ebete con il balocco?

Potremmo citarvi il “Buondimotta, buondimio”, col ragazzino inizi anni Ottanta che canterellava: “Melomerito, merito io, Buondimotta, Buondìmio”. Oppure “Playmobil, che sorveglia la città, Playmobil, il suo nome è Playmobil…”. Negli anni della guerra fredda ormai decadente, brillavano gli scenari del “Legospazio” e di “Tente”, il gioco divertente. Dalla roba per i cinni alla biancheria. Eccolo, che risuona lo stornello: “Cagi è un’idea, Cagi ha tante idee…”, con il ragazzetto mezzo nudo e i capelli alla Nino D’Angelo. Quegli anni là, il dado da brodo spopolava: “Dado tatatatà Magi, tatatatà, cuore del sapore…”. Dado che, naturalmente, veniva cucinato dalla vecchietta di Ace, quella dello strappo sulla canotta, che noi bimbi credevamo venisse ricucito come per miracolo da quel flacone. Poi c’era il minicuoco del Mulino Bianco, che voleva sedurre la bionda in mezzo alla foresta col tegolino. Ma finiva sempre in bianco. Quel più bianco non si può, se non erriamo, di Vernel e la voce di Amendola, in stile umarell, come direbbe “Maso” Masotti, col flacone azzurro in mano.

Ultima perla, una pubblicità locale d’un negozio hi-fi che neanche Mai Dire Tv riuscirebbe più a resuscitare. La ricordo su una rete privata delle Marche: un tizio, travestito da papa, con le fattezze di Wojtyla, entrava in quel negozio di radioloni anni Ottanta. Il messaggio era fin troppo chiaro. Di queste madeleine, ieri, una collega ne ha riesumata una non da poco: il Biancorì, che era meglio del Ciocorì (consenso unanime). Solo ad addentarlo, torneremmo cinni. Davanti alla tv. Con l’intervallo scandito di cartoline dell’Italia, in attesa spasmodica di “Dolce Remì, piccolo come sei…”.