Un colpo basso. Drammaticamente basso. Alle gambe. Gambizzato, il manager dell’Ansaldo. Azzoppato. Termine ferino rispolverato dall’odore di polvere da sparo, sotto la quale Marassi s’è risvegliata in mattinata. Con un flash sugli Anni di piombo, da qui partiti e qui ritornati. E, forse, ripartiti ancora. Troppe coincidenze: l’anniversario elettorale, maniacale ricorrenza cui tengono fede i movimenti eversivi. Il luogo: Genova. Culla del terrorismo rosso. La data: vicina al 9 maggio, il Memory Day voluto dalle vittime del terrorismo, l’anniversario dell’uccisione di Aldo Moro. E ancora: la pistola. Triste deja vu del decennio delle violenze, già repertato nel covo di via Monte Nevoso. E poi l’azzoppamento, come lo chiamano le belve dell’eversione. Sintomo di avvertimento, vigliaccheria, riduzione all’impotenza di fare e decidere. Infine, il clima: teso, nervoso, buio, pessimista, mal fomentato, deviato. E senza dialogo. Senza parole. Unilaterale. Con un Paese disunito, deflagrato dagli scandali, dalla politica non politica e dai beceri populismi masanielliani di italica radice genealogica.

Non vorrei fosse solo il primo anello d’una catena metallica di violenza. E non bisogna cadere dalle nuvole: le strutture economiche sono quelle. Il blando ideologismo, la precarizzazione dei valori, della fede, il relativismo cosmico. In mezzo, l’agghiacciante polverizzazione della condizione necessaria e sufficiente della sopravvivenza: il lavoro. La lotta all’ultimo pezzo di pane, tra cani rabbiosi e comprensibilmente affamati. Il tiro si è alzato: dai pacchi bomba ai proiettili che sbriciolano la tibia d’un manager. La storia non si prende per i fondelli, ma inesorabilmente forma uno spirale dalla quale si esce a colpi di concretezza e unità. Democratica. Quella che ci aiutò a fare a pezzi il terrorismo. Dei maledetti anni delle facili ullusioni e scorciatoie. Nella testa degli attentatori, nei giorni delle urne, questo è più d’un monito sinistro. Il malcontento è vivo. E lotta tra noi. Sconfiggerlo non significa far finta che non c’è. Ma combatterlo. Senza repressioni violente, ma minandolo alla radice, con riforme e ottimismo economico e ideale. Che è stato, da sempre, il segreto della lunga e coraggiosa vita di questa giovane Repubblica.