Gli ultimi elmetti in piazza, nel Belpaese, avevano fatto la loro comparsata ai tempi del fascio. E così pure le ultime arringhe, gli ultimi richiami a popoli classici, al feticismo, alle sacralità naturali. Le ampolle, i santi graal, il sole, i rituali hanno un vago sapore di saga nibelungica. Di magico. Di esoterico. E così pure il culto dei fiumi e della madreterra. Dello spazio vitale. Quei simboli hanno poi un catechismo tutto loro: Mein Kampf fatti di radio e giornali, tivù e strilloni. E’ altrettanto vero che gli ultimi elmetti e gli ultimi graal visti prima si sono sciolti come neve al sole. Come chi ne santificava l’uso. Come i miti dei capi. Dei grandi vecchi. Le ideologie più deboli sono quelle che ostentano robustezza a suon di simboli e feticci. Tutta superficie. Svuotata d’essenza. E questo dovrebbe ricordarci  le buffonesche (seppur spettacolari) carnascialate del duce.

A quanto sembra, il simbolismo esasperato ed esasperante non ha scoraggiato nessuno. Nossignori. S’è tirato dritto fino a rasentare il ridicolo. Il linguaggio dei duri e puri. Di sapore quasi arditesco e cameratesco. E, in una circostanza, s’è pure arrivati ai blindati più o meno finti, travestiti d’un passato che non c’è più. Gli ultimi vessilli s’erano già dissolti quasi una ventina d’anni fa. Ed erano meno ieratici di certi attuali. E allora la domanda resta: che cos’è cambiato rispetto all’era della Prima Repubblica? Chi l’argomenta, vince un santo graal. In omaggio, chiaro.