IL CONTESTO internazionale peggiora sotto i venti cinesi, la ripresa è gracile, il piano Juncker delude. «Dunque, acceleriamo su riforme e investimenti», rilancia il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, che annuncia: «Stiamo preparando un piano per chiedere all’Ue la clausola degli investimenti».
L’economia cinese in frenata complica il contesto macroeconomico. Il governo conferma i target di crescita, ma un po’ di timori li avrete…
«Con uno 0,7% di crescita quest’anno, l’obiettivo dell’1,4% nel 2016 è ragionevole. I segnali di un rallentamento dei Brics e la Cina non sono una buona notizia per un Paese esportatore come l’Italia, dovremo farci i conti. Inoltre, i fattori esterni che finora ci hanno sostenuto (petrolio, euro debole e Bce) si esauriranno nel prossimo futuro e, dunque, dobbiamo farci trovare pronti accelerando le riforme».
Dalla piega del dibattito politico sembra, invece, che stiano rallentando.
«Non dobbiamo ascoltare le sirene di chi dice che il Paese è stressato dalle troppe riforme, di non cercare troppe grane. Riforme costituzionali, giustizia, pubblica amministrazione servono a rilanciare la produttività».
Produttività e investimenti vanno a braccetto: con il piano Juncker l’Italia si è vista finanziare un solo progetto per ora. Un po’ deludente?
«È deludente perché non ha ancora determinato veri investimenti, ma è un piano importante. Ciò di cui avremmo davvero bisogno sono i project bond, titoli emessi da un organismo europeo per finanziare progetti. Avviata la soluzione della crisi greca, ora la questione va riaperta. Sugli investimenti privati, agiremo attraverso la delega della Pubblica amministrazione semplificando regole e burocrazia».
Con gli investimenti possiamo ottenere altra flessibilità dall’Europa?
«Attraverso le quote di cofinanziamento dei progetti europei chiederemo l’applicazione della clausola per gli investimenti. Stiamo lavorando a una proposta da presentare a Bruxelles».
Quanto vale?
«Diversi miliardi, parliamo di cifre che si vedono in bilancio. L’entità dipenderà anche dalla nostra effettiva capacità di spesa poiché abbiamo un coefficiente di realizzazione piuttosto basso degli investimenti previsti».
Sono margini di bilancio utilizzabili nella manovra?
«Sì, inciderebbero nella definizione dei saldi. Ulteriori margini si possono avere dalla clausola delle riforme (ora vale 6,4 miliardi, ndr) a patto di accelerarle, partendo da quella costituzionale. Se in autunno uscisse dal Senato un’ipotesi da sottoporre alla Camera, sarebbe un enorme passo avanti da giocarci in Europa».
Nannicini rilancia gli accordi contrattuali, ci state pensando?
«È un’ipotesi su cui lavorare: una co-decisione su alcune scelte politiche nazionali in cambio di maggior flessibilità di bilancio».
Troverete le risorse anche per il piano antipovertà?
«Il governo ci sta lavorando da prima della sentenza della Consulta sulle pensioni, non so se entrerà nella manovra o in altra sede. Vogliamo combattere la disuguaglianza che è nemica della crescita».
Povertà, pensioni, lavoro, tasse. Riuscirete a fare tutto?
«Molto dipenderà dai risultati che otterremo in Europa. Per la riduzione della pressione fiscale si possono usare le risorse che arrivano dalla lotta all’evasione».
Contate sul rientro di capitali?
«Quelle risorse possono servire solo per una riduzione una tantum, non per un calo delle tasse duraturo».
Resta il nodo dell’enorme debito pubblico. Il treno delle privatizzazioni accelera?
«In autunno abbiamo la quotazione di Poste, e stiamo cercando di stringere i tempi su Enav. L’altro grande capitolo è Ferrovie, ma bisognerà aspettare un po’ di più».