BOCCIATI. Le competenze linguistiche e matematiche degli italiani dai 16 ai 65 anni sono inadeguate alle sfide del XXI secolo: ultimi della classe nel leggere e scrivere, penultimi a far di conto. I compagni sono i cittadini di 24 paesi industrializzati ai quali Ocse e Commissione Europea hanno sottoposto test sulla capacità di comprendere testi scritti o svolgere operazioni matematiche. I voti vanno da zero a 500 e gli italiani — secondo le rilevazioni di Isfol — nelle abilità alfabetiche prendono 250, contro una media di 273. Al Sud è peggio che al Nord e i laureati, a parità di studi, sfigurano più dei meno istruiti. Raggiungono la sufficienza meno del il 30% degli adulti e il 5% dei giovani ’Neet’, quelli che non studiano e non lavorano.
UNA PAGELLA impietosa al punto che viene voglia di sbattere in faccia ai maestrini cos’è il Rinascimento, come il Gaber di «Io non mi sento italiano». Bocciati in lettere i pronipoti di Dante Alighieri? E in matematica la stirpe dei Leonardo da Vinci, Leonardo Pisano detto il Fibonacci, o di Enrico Fermi? Noi che abbiamo dato al mondo la cambiale per merito del mercante di Prato, Francesco Datini, e la Nutella? Sì, perché i geni (biologici e non) non c’entrano con la creazione dell’infrastruttura della conoscenza. Ed è qui che casca l’asino. Al punto che il test più significativo è paradossalmente quello al quale l’Italia — non da sola — non ha partecipato: è il test di logica e risoluzione dei problemi e si svolge quasi esclusivamente al computer. A ricordarlo è, sul sito la voce.info, l’economista Michele Pellizzari, uno degli autori del rapporto, che suggerisce anche come superare l’esame di riparazione. Un bignamino: investire sulla capacità delle persone di fare le cose. Migliorare il sistema scolastico, incentivare gli investimenti in settori ad alta innovazione, liberalizzare i mercati dei prodotti e dei servizi perché la concorrenza produce innovazione e competenze. In alternativa si può ricordare un aneddoto mai verificato: Alcide De Gasperi chiese a Raffaele Mattioli — presidente, umanista e potente, dell’allora Banca Commericale Italiana — di entrare nel governo e di scegliersi il ministero. Mattioli rispose: voglio la pubblica istruzione, ma con budget quadruplicato. Non se ne fece nulla. Vero o falso che sia, suona come un lungimirante programma di governo per non sprecare talenti e far girare i cervelli. O una predica inutile.
 Pubblicato su Qn mercoledì 9 ottobre 2013