MESSAGGIO all’apparenza giusto, indirizzo sbagliato. Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, all’assemblea di Unioncamere ha rivolto un invito ai giovani imprenditori: «Quanti di voi — ha chiesto — sono stati in Silicon Valley? Fatevi un giro perché se uno lì va a proporre una cosa che quell’impresa non fa non ti dice non lo faccio, ma ti portano da qualcun altro che lo fa. Un mondo così aperto a noi ci manca, noi siamo quelli che mettono il gomito davanti al compito per non far copiare». Messaggio un po’ incomprensibile visto che gli Stati Uniti proteggono la proprietà industriale meglio che altrove. L’indirizzo, invece, è sbagliato: un giro nella Silicon Valley farebbe meglio ai politici, anche a quelli bravi. Anche a quelli che sembrano non rassegnarsi a una decrescita infelice e sostengono le nuove economie. Di ritorno dal tour basterebbe loro un «copia e incolla» per coltivare un’ecosistema di idee innovative, incubatori di impresa, capitali privati, ricerca e innovazione, andata e ritorno di cervelli, circolazione di intelligenze. Il tutto impollinato in un ambiente — si chiamava «sistema paese» — che favorisce l’impresa anzichè bastonarla. È una sfida che una parte dell’Italia ha già accettato cercando di ricostruire la ripresa su due pilastri: manifattura ed economia digitale.
Acciaio e start up.

UNIONCAMERE non racconta solo di scoraggiati e disoccupati: il valore aggiunto prodotto dagli oltre 3,8 milioni di giovani occupati in Italia supera i 242 miliardi di euro, sono il 17,2% del totale e sono, in misura importante, frutto delle 675mila imprese di under 35 cresciute nel 2012 di oltre il 10%. È ovvio che tra le iscrizioni alle Camera di commercio ci siano anche partite Iva aperte per sfuggire alla crisi, ma sarebbe un errore terribile riassumere la virtù dell’intrapresa nello «stato di necessità».
Ieri a Firenze, Sergio Marchionne — uno applaudito negli Usa per l’operazione che in patria gli ha valso fischi e ricorsi — ha auspicato «un piano Marshall» per l’Italia e ha dato un consiglio non richiesto ai politici: «Scegliete le cinque cose più importanti, quelle che possono veramente influire sulla vita delle persone. Datevi 90 giorni di tempo per realizzarle e poi passate alle cinque successive». Alcune misure costerebbero solo il prezzo della volontà: sono quelle che muovono in direzione ostinata e contraria rispetto a un paese che nella classifica della Banca mondiale — Doing Business 2013 — compare al 73° posto su 185 per la facilità di fare impresa, all’84° per l’avvio di un’attività, al 103° per avere permessi edilizi, al 131° per il pagamento delle imposte, al 104° per l’accesso al credito e al 160° per la risoluzione delle dispute commerciali. Start up, Italia, per un nuovo Rinascimento.

 

Pubblicato su Qn venerdì 14 giugno 2013