PRESIDENTE Patuelli, come reagiranno i mercati alle fibrillazioni della politica italiana?
«I mercati hanno già iniziato nei giorni scorsi ad anticipare le ripercussioni che l’Italia subirebbe se la crisi già innescata dovesse portare alla caduta del governo o, peggio, alla fine della legislatura — risponde il presidente dell’Associazione bancaria italiana —. L’aumento dello spread e la depressione delle Borse ne sono testimoni».
Qual è il pericolo più grave che corre oggi il Paese?
«Non riuscire ad approvare una buona legge di stabilità e rischiare l’esercizio provvisorio. Si manderebbe ai mercati un segnale terribile. Una buona finanziaria potrebbe invece consentire di raggiungere l’obiettivo di uno spread a 100 punti nel 2014. Questo sarebbe il presupposto fondamentale per agganciare una ripresa che da noi stenta a partire ma che in altri Paesi europei è già avviata».
I tempi sono stretti, ma l’esercizio provvisorio scatterebbe solo a fine anno. Perché tanto timore?
«La bozza della legge di stabilità va presentata all’Europa e al Parlamento entro il 15 ottobre e da quel giorno si apre la sessione di bilancio che, nella norma, chiude a fine anno. E’ chiaro che se cade il governo o, ancora peggio, dovesse chiudersi la legislatura, i tempi non ci sono più. Ma anche solo dare l’idea che l’Italia possa andare in questa prospettiva sarebbe deleterio».
Cosa significa in soldoni avere lo spread a 100 punti?
«Significa che lo Stato pagherebbe l’1,5% in meno di interessi sulle nuove emissioni di debito pubblico. Significa, in prospettiva, recuperare le risorse necessarie per sostenere l’economia a cominciare dall’abbassamento della pressione fiscale».
Leve che restano comunque nelle mani della politica. Come si spiega ai contribuenti che pagare meno di interessi sul debito pubblico ha un effetto immediato sulle loro tasche?
«C’è una concatenazione diretta tra il livello dello spread e i tassi bancari. Sia quelli subiti dalle banche nella raccolta del risparmio sia, di conseguenza, praticati alla clientela quando si eroga un mutuo e un prestito. Il calo dello spread andrebbe a riverberarsi sui prestiti a tasso variabile, sia che si tratti di mutui alle famiglie sia di credito alle imprese».
Basta una buona legge finanziaria?
«La legge di stabilità è fondamentale, ma più di tutto serve la fiducia internazionale. Se l’Italia perde la fiducia dei mercati, i grandi fondi, che hanno visioni e operatività globali, andranno altrove».
Perché parte della politica sembra sorda di fronte a questa prospettive?
«Perché si è avvitata su se stessa e mostra di non avere una capacità di analisi e una cultura con lo spessore che la situazione richiederebbe. Succube di un meccanismo di informazione tutto basato sull’effetto annuncio. La legge elettorale fa il resto sganciando completamente i parlamentari dal controllo degli elettori sul loro lavoro. Siamo in una democrazia malata».
Gli elettori, secondo lei, punirebbero nelle urne chi è causa di questa situazione?
«Quando tutte le forze economiche, tutte le organizzazioni che rappresentano il mondo del lavoro, dalle imprese ai sindacati, lanciano l’appello alla stabilità, uniti dalle stesse preoccupazioni, vuole dire che la gente ha capito meglio della politica».
Cosa si aspetta?
«Cerco sempre di allenarmi a non credere nelle illusioni. Lancio solo un appello usando le parole che Vittorio Emanuele Orlando usò nel presiedere la seduta di insediamento dell’Assemblea Costituente nel ’46: l’Italia, innanzi tutto. E in tal senso confido molto nella saggezza e nella lungimiranza del presidente della Repubblica».
Paolo Giacomin

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Pubblicato su Qn lunedì 1 ottobre 2013