GLI GNOMI non dormono mai. Hanno un compito e lo eseguono alla perfezione: riempire i loro forzieri di quattrini. I prossimi giorni, già da domani, capiremo se hanno santificato la festa o, fedeli alla linea, si sono messi subito al lavoro: basterà osservare lo spread tra i rendimenti dei nostri Btp a dieci anni e del Bund tedesco. E vedere le reazioni delle Borse all’ennesimo pasticcio tricolore: tutti i mercati, non solo Piazza Affari perché, è bene ricordarlo, l’Italia, malgrado i suoi politici, resta la settima potenza industriale del mondo, la seconda manifattura europea e uno dei Paesi più indebitati della vecchia Europa. L’effetto domino, insomma, potrebbe essere uno choc globale, non solo dalle Alpi allo Stretto di Messina. <EN>
Comprensibile, quindi, lo stupore e la preoccupazione che viene accreditata alle Cancellerie europee e alle istituzioni internazionali, nelle cui stanze siedono uomini e donne con le bocche cucite e una certezza: il livello d’allarme è rosso. Il rapporto deficit-Pil resta la cartina di tornasole degli impegni europee e della possibilità per il Paese di scrollarsi di dosso un po’ di interessi sul debito pubblico. Il tempo a disposizione per trovare una risposta non aiuta: due settimane.
IL 15 ottobre, infatti, è la data limite per presentare all’Unione europea la legge di stabilità: quella dove sarà scritto nero su bianco come l’Italia farà quadrare i conti. La Francia, per esempio, ha già presentato la sua bozza alcuni giorni fa. Il 5 novembre, qualunque inquilino sieda a Palazzo Chigi, la Commissione europea sfornerà le nuove previsioni economiche, e, in assenza di notizie provenienti da Roma, non potrebbe fare altro che certificare lo sforamento del 3% rimettendo così in modo una possibile procedura d’infrazione che potrebbe aprirsi in primavera riportando il Paese in quel girone dei dannati dal quale si è risollevato con i soldi dei contribuenti che hanno obbedito alla cura lacrime e sangue del governo Monti. Lo ricordate? Il professore della Bocconi due anni fa prese le redini di un Paese sull’orlo del precipizio e sotto il tiro degli gnomi. Il rischio è di tornare lì, con lo spettro dell’esercizio provvisorio e quello dell’arrivo della troika Bce-Fmi-Ue che ci detti i compiti.
Mentre una buona fetta della politica continuerà a sostituire lo stellone repubblicano sul tricolore con il motto: l’Italia, dopo di tutto.

Pubblicato su Qn domencia 30 settembre 2013