Torna a scoppiettare anche nella vecchia Europa l’attività delle fusioni e acquisizioni, dopo un biennio non proprio esaltante. Durante il fine settimana la francese Publicis ha annunciato un matrimonio da 35,1 miliardi con la concorrente americana Omnicon: i due colossi della pubblicità daranno vita alla alla più grande agenzia del mondo, guidata da due paritetici amministratori delegati in omaggio alla grandeur di Parigi e, naturalmente, alla riconosciuta potenza di New York. A poche ore di distanza il gruppo farmaceutico irlandese Elan, dopo molti tentennamenti, ha accettato l’offerta di 8,6 miliardi della statunitense Perrigo, che trasferirà la sua sede nell’isola risparmiando 150 milioni l’anno di imposte, grazie alla più favorevole tassazione. E infine l’acquisizione da 2,9 miliardi di dollari dei magazzini americani Saks da parte del gruppo canadese Hudson Bay, che regalerà una riccaplusvalenza al patron della Tod’s Diego Della Valle : un luglio che continua dunque a mostrarsi effervescente dopo l’offerta irrinunciabile di due miliardi di euro lanciata dal gigante transalpino della moda Lvmh alla stella del made in Italy, Loro Piana. Ma un luglio che potrebbe preludere a nuove operazioni.

Il ritorno di aggregazioni e scalate è giudicato un segnale di fiducia: un recentissimo studio ha messo a confronto il m&a con lo stato di salute delle economie, per il periodo che va dal 2008 precedente al crac di Lehman Brothers fino al febbraio 2013. La ricerca racconta come il crollo nel numero e nella consistenza delle fusioni, conseguente al precipitare dell’economia mondiale dopo il fallimento della banca americana, sia stato già recuperato al di là dell’Atlantico, ma non in Europa. Il valore delle operazioni completate negli Stati Uniti era del 23% del complesso delle fusioni globali nel 2008 ed è balzato al 60% a fine 2012: percorso contrario per il vecchio continente, che ha dimezzato al 21% la consistenza delle aggregazioni.
Ora si affacciano nuovi orizzonti, ma le aziende tricolori sono spesso terreno di conquista: l’Italia ha visto raddoppiare a 10,6 miliardi il valore delle attività di m&a nei primi sei mesi di quest’anno, rispetto allo stesso periodo del 2012.  Spiccano il passaggio della divisione civile e militare di Avio all’americana General Electric, la cessione di un quinto di Saras ai russi di Rosnef e l’opa tutta italiana di Salini su Impregilo. I prossimi mesi potrebbero però svelare nuove operazioni di consolidamento e qualche risiko: un’altra quota di Piaggio Aero Industries dovrebbe passare al Mubadala Development Company, la società del governo di Abu Dhabi che già ne controlla più del 30% ed è particolarmente interessata alla sofisticata tecnologia italiana. E proprio i fondi sovrani (si stima che il loro patrimonio arriverà a 10 trilioni di dollari a fine 2013) potrebbero continuare lo shopping italiano: sotto i riflettori le banche, che piacciono molto agli arabi, ma pure le icone del lusso e un paio di eccellenze tricolori del tutto contendibili.