Cent’anni di storia e di misteri per la banca più potente del mondo, un secolo d’inquietudine dal naufragio del Titanic al salvataggio dei Nobel, fino all’abisso dei subprime.

L’americana Federal Reserve prepara il suo compleanno, lunedì 23 dicembre, con una svolta e un’inversione di rotta: a gennaio diventerà esecutiva la guida della prima donna presidente, Janet Yellen, solida e volitiva vice del numero uno Ben Bernanke. Romperà il monopolio maschile dei custodi del mondo. “ Fosse per me avrei lasciato lui, è un fuoriclasse che ha salvato il pianeta dal baratro finanziario” commenta Warren Buffett, uno degli uomini più ricchi nei cinque continenti. “Ha trasformato la Fed in una macchina da soldi che fa guadagnare oltre 80 miliardi l’anno al Tesoro americano, grazie alla politica espansiva”.

Proprio quell’inondare i mercati di denaro sarà l’oggetto dell’annunciata retromarcia: il treno a stelle e strisce corre, i mercati finanziari violano i massimi storici e una boccata d’ossigeno sembra affacciarsi pure tra le mura di casa della famiglia americana. L’economia crea tra 150 e 200 mila nuovi posti di lavoro ogni mese (a volte sottopagati): più di quattro milioni dal 2009, la metà dei quali merito delle politiche espansive della Fed. E allora è arrivato il tempo di far rientrare le strategie del professor Bernanke, studioso della grande depressione del 1929, soprannominato “helicopter Ben” proprio per la lezione imparata da quella catastrofe: meglio lanciare il denaro alla gente dagli elicotteri, e così rimettere in moto i consumi, piuttosto che lasciar languire persone e aziende nel credit crunch. Da gennaio verrà ridotto da 85 a 75 miliardi di dollari l’acquisto mensile di titoli di Stato e di bond da parte della Banca centrale.

Dunque si torna progressivamente al mandato più istituzionale di “assicurare elasticità alla valuta, offrire i mezzi per riscontrare le cambiali commerciali, istituire un più efficace sistema di vigilanza bancaria negli Stati Uniti” secondo quanto dispone il Federal Reserve Act adottato il 23 dicembre 1913. Quella stessa nascita della Fed è avvolta da zone d’ombra: viene ricondotta al grande crac del 1907, la “crisi del panico” che portò l’America sull’orlo del fallimento. Proprio per tentare di scongiurare il ripetersi delle tempeste finanziarie una decina fra i banchieri più potenti si riunì nel 1910 in gran segreto in una isola sperduta dell’Atlantico. Non fu condivisa l’idea di creare la banca centrale statunitense, in grado di stampare moneta e di fungere da prestatore di ultima istanza. Tre di loro, i contrari, persero la vita nel naufragio del Titanic: venti mesi dopo nacque la Fed. La coincidenza, come spesso accade negli Usa, ha scatenato le fantasie complottiste, ha tracimato l’argine fra storia e leggenda. Non poteva nemmeno mancare il dubbio sull’ordine 11110 del 4 giugno 1963 con il quale il presidente John Kennedy limitava i poteri della banca di Washington, mai applicato.

Nel corso del ventesimo secolo la Fed stampò moneta sonante per finanziare i 17 miliardi di dollari del piano Marshall per la ricostruzione dell’Europa nel dopoguerra, si impose come istituzione fondamentale negli equilibri planetari, domò l’inflazione esplosa con l’infiammarsi del prezzo del petrolio.  Ma l’epopea dei banchieri centrali è spesso legata al precipitare dei mercati finanziari, nel moltiplicarsi sempre più tempestoso e ravvicinato di “giorni neri”. Alan Greenspan e il lunedì nero del 19 ottobre 1986, quando il Dow Jones perse il 22,5% in una sola seduta. Ancora Greenspan e il mercoledì nero (1998) dell’implosione dell’hedge fund dei premi Nobel Scholes e Merton, che aveva una probabilità teorica di saltare ogni centomila. Poi l’esplodere della bolla internet nel 2000 e la tragedia dell’11 settembre, fino alla crisi del 2008 che distrusse 19 mila miliardi di dollari dei cittadini americani e ai flash crash (2010).

Un secolo tormentato durante il quale la finanza ha stretto la presa sul mondo, con attività che valgono una dozzina di volte la ricchezza prodotta in un anno dall’insieme delle nazioni e otto miliardi di azioni scambiate ogni giorno a Wall Street. Una finanziarizzazione senza precedenti e tappezzata di scandali, il più cinico dei quali è forse quello sul Libor e sull’Euribor: alcune tra le più imponenti banche del pianeta hanno speculato e alterato quei tassi di riferimento che regolano la vita di tutti i giorni, scandiscono il livello dei mutui alle persone e alle aziende, condizionano le strategie dei fondi pensione.  Di fronte a tanto strapotere economico dei “padroni dell’universo” la politica rischia di abdicare ai suoi compiti. Così è cresciuto il rischio sistemico, senza portare maggiori benefici alle comunità. Aumentano le disuguaglianze più della solidarietà, la rassegnazione più della speranza.

Bernanke ora passa il testimone e una delicata eredità alla Yellen, prima donna al vertice mondiale di quel drappello di banchieri centrali non sempre illuminati e capaci di prevedere, ma costretti nell’era della turbolenza a fare miracoli.