Ce le ricordiamo ancora le entusiaste dichiarazioni di Renzi al momento della costituzione del suo governo: per la prima volta – disse – l’Italia ha un esecutivo che è composto per metà da donne. Escluso il presidente si registrava infatti un pareggio: 8 a 8 senza tener conto di viceministri e sottosegretari. E alla conta seguirono dichiarazioni tutte improntate alla retorica sulla parità di genere. Adesso? Si sostituiscono ministri donne con maschi… Beatrice Porta, Milano

PROPRIO COSÌ, con l’avvicendamento Guidi-Calenda siamo al terzo cambio in corso (dopo quello Lanzetta-Costa e Mogherini-Gentiloni) che sancisce di fatto un diverso equilibrio donne-uomini all’interno del governo. Il rapporto ora è sceso fino a registrare un impietoso 11 a 5, cioè il 69% contro il 31. Cosa è successo nel frattempo se è vero che solo due anni fa la parità di genere fra ministri era un argomento da sbandierare e di cui andare fieri? Probabilmente nel momento del varo del governo, in cui tutti i riflettori erano puntati sul «rottamatore», faceva comodo utilizzare la parità di genere, salvo poi non praticarla (o addirittura smentirla nei mesi successivi). La cultura politica dell’innovazione, che si era valsa anche di parole d’ordine dirompenti, ha cioè ceduto il passo a una redistribuzione del potere effettivo ispirata dal bisogno di arroccarsi sulla difensiva. Un segno dei tempi: la valorizzazione della presenza femminile in politica pare ridimensionata a superflua operazione d’immagine. E questo vale anche per la delega alle Pari opportunità della Boschi. [email protected]