Stavolta ha proprio ragione il nostro presidente del consiglio Renzi a non schierare in prima linea, contro l’Isis, i nostri soldati. Abbiamo visto nel passato come è andata: morti e dolore e al nostro Paese non è stato concesso nulla. Nulla sul piano politico internazionale tanto che quando abbiamo avuto bisogno di una mano, ad esempio nella emergenza profughi, nessuno ci ha aiutato.
Lettera firmata, Milano

INTERVENTISTI (non si sa bene contro chi e con chi) e pacifisti convinti: l’ipotesi di una reazione bellica agli attacchi di Parigi spacca editorialisti, giornali, filosofi, commentatori sui social. E ovviamente i politici. Tra i tanti distinguo a parlare chiaro è stato papa Francesco che non solo ha condannato fermamente la strage di Parigi, ma anche la risposta transalpina: «Questo mondo non riconosce la strada della pace, ma vive per fare la guerra, con il cinismo di dire di non farla», ha scandito il pontefice. E allora: massima solidarietà a Parigi, ma gli atti di guerra si decidono insieme, e non con la politica del fatto compiuto. Perché è vero che c’è sempre un momento in cui i combattimenti si fanno inevitabili, per i valori in cui si crede. Ma non quando e perché l’ha deciso un altro. In questa fase l’errore più grande per l’Occidente sarebbe quello di non usare il cervello per affidarsi a risposte istintive. La paura di ripetere gli errori libici, per dover stare dietro alle ansie dell’opinione pubblica, è tanta.

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