di Alessandro Farruggia

Roma, 23 giugno 2018 _ Domani i turchi andranno alle urne per le prime elezioni congiunte presidenziali e parlamentari. Le prime dopo la riforma in senso presidenzialista voluta da Erdogan e approvata con stretto margine nel referendum di aprile . Per l’opposizione potrebbe essere l’ultima opportunità per mettere i bastoni fra le ruote del Presidente turco, contrastare il dominio oggi incontrastato di Erdogan, cercando di iniziare in tal modo la sua parabola discendente. Che le opposizioni riescano a frenare il sultano Erdogan che ha trasformato la democrazia turca a sua immagine e somiglianza stringendo in in una morsa l’opposizone curda e gulenista _ falcidiata da epurazioni di massa e da migliaia di arresti _ contrastando con vigore il resto delle forze parlamentari che a lui si oppongono  e “normalizzando” la stampa è una eventualità oggi possibile, ma certo non scontata, anche per il rischio di brogli.

Il rapido deterioramento dell’economia turca ha portato Erdoğan a scommettere su elezioni anticipate, sperando di ottenere un nuovo mandato prima che le cose andassero peggio per lui. Se avesse aspettato la normale scadenza elettorale prevista nel novembre 2019 – probabilmente avrebbe perso tutte le grandi città alle elezioni locali del marzo 2019, e l’opposizione avrebbe acquisito slancio. Meglio azzardare, ha pensato e cercare di capitalizzare il consenso che crede ancora di avere. Una scommessa molto rischiosa la sua, che pure potrebbe essere almeno in parte vincente. Il paese è su una lama di rasoio, diviso al 50% tra favorevoli e contrari all’uomo forte turco, ed Erdogan ha già dimostrato in passato che la sua politica è osare.

Per gli analisti la partita è aperta. “Sebbene Erdogan e il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) al potere rimangano i favoriti per la vittoria _ osserva Aaron Stein su Foreign Affairsora sono più vulnerabili che mai. La base di Erdogan si è ridotta e, dopo quattro elezioni negli ultimi cinque anni, l’elettorato è stanco Per la prima volta in un decennio, l’AKP ha perso il controllo della narrazione e non è riuscito a entusiasmare gli elettori impegnati per il successo del partito”. “In vista di queste elezioni _ prosegue Stein _  la storicamente divisa opposizione politica turca si è finalmente unita, anche grazie alle recenti modifiche delle leggi elettorali turche, originariamente intese a consolidare il potere di Erdogan. Consentendo che più partiti funzionino come un’unica coalizione elettorale – una mossa volta a formalizzare l’alleanza dell’AKP con il Partito del Movimento Nazionalista di estrema destra (MHP) – la nuova legge ha reso più facile per l’opposizione unire le proprie forze, creando uno scontro tra coalizioni di opposizione e di governo. Le due coalizioni conquisteranno gran parte dell’elettorato: l’Alleanza Popolare guidata da CHP è data dai sondaggi tra il 43 e il 51 per cento, mentre l’Alleanza Nazionale _ di opposizione _ dovrebbe ricevere tra il 40 e il 45 per cento dei voti. Con le due grandi coalizioni destinate a fronteggiarsi, la chiave per le prossime elezioni sarà la performance del Partito Democratico del Popolo (HDP) a maggioranza curda e del loro candidato presidenziale, Selahattin Demirtas. L’HDP non è membro dell’Alleanza Nazionale, ma il suo successo è fondamentale per la strategia parlamentare del blocco. L’HDP dovrà superare la soglia del dieci per cento per impedire che l’AKP mantenga la sua maggioranza parlamentare. Dopo anni di Erdogan e dell’AKP che hanno inasprito la loro posizione nei confronti dei curdi sia turchi che siriani, il loro destino potrebbe, ironicamente, essere nelle mani dei curdi“.

“L’opposizione a Erdoğan _ scrivono Kemal Kirishi e Omer Taspinar, senior fellows della Brookings institution _ è inaspettatamente energica, eclettica e unita. Il principale partito d’opposizione, il Partito popolare repubblicano (CHP) è stato solecitonell’aiutare il nuovo partito İyi (Buono), formato da ex membri dell’MHP, a qualificarsi per lo svolgimento delle elezioni. I due partiti si sono alleati e hanno imbarcato anche un piccolo partito religioso conservatore, Saadet (Felicity), sperando di attirare l’elettorato religioso conservatore, compresi forse i conservatori curdi. I membri dell’alleanza si sono inoltre impegnati a sostenere chiunque si candidi a correre contro Erdoğan in un ballottaggio”.

“Nel frattempo, Muharrem İnce, Meral Akşener e Temel Mollaoğlu _ i candidati presidenziali per CHP, İyi Party e Saadet, rispettivamente _ hanno adottato un approccio sorprendentemente inclusivo nei confronti della diversità etnica, sociale e religiosa della Turchia, che sta risuonando molto meglio nell’opinione pubblica rispetto a quello di Erdoğan. Mollaoğlu parla in modo convincente di declino etico, così come la corruzione nelle file AKP. İnce e Akşener si sono concentrati sulla creazione di posti di lavoro e la riforma dell’istruzione, in contrasto con l’enfasi di Erdoğan sui risultati economici passati e le promesse di progetti fantastici. Questi messaggi risuonano meglio con gli oltre un milione di nuovi elettori che hanno conosciuto Erdoğan al potere e che lottano contro un sistema educativo sempre più inefficace che offre scarse prospettive professionali”. “Contro Erdogan c’è poi l’HDP filocurdo, o Partito Democratico Popolare, che nel 2015 ha superato la soglia del 10% per entrare in parlamento, prendendo seggi che altrimenti sarebbero andati per lo più all’AKP. La coalizione di opposizione ha deciso di non includere l’HDP, temendo che potesse allontanare gli elettori oscillanti. L’inclusione di HDP _ il cui leader Salahattin Demirtas corre da presidente dalla sua cella _ avrebbe anche complicato le cose per il Partito İyi, in particolare, che compete per una base nazionalista sia con l’AKP e MHP. Ma Hdp porterà via seggi all’AKP e in un ballottaggio presidenziale voterà qualunque candidato che si oppone ad Erdogan”.

“Il cattivo stato dell’economia _ proseguono i due ricercatori della Brookings _ si ripercuoterà negativamente su Erdoğan. In un sondaggio d’opinione condotto dal Center for American Progress (CAP), il 62% degli intervistati pensa che il governo “stia gestendo l’attuale situazione valutaria e inflazionistica in modo molto o leggermente inadeguato”. Le opinioni non ortodosse di Erdogan secondo cui tassi d’interesse più bassi contribuiranno a ridurre l’inflazione e il suo disprezzo per l’indipendenza della Banca centrale ha minato la fiducia in lui e nella lira turca. Il crollo della moneta turca ha causato un calo di quasi il 4 per cento nella popolarità di Erdoğan”.

“La combinazione di  questi fattori _ concludono Kemal Kirishi e Omer Taspinar _ potrebbe deludere le aspirazioni di Erdoğan, e il suo controllo sulla Turchia potrebbe non confermarsi se le elezioni improvvise non andranno come lui auspica. Anche se riesce a vincere le elezioni presidenziali e se l’AKP mantiene la maggioranza in parlamento (con il sostegno dell’MHP), la vittoria potrebbe essere pirrica per l’uomo forte della Turchia. Il suo governo dovrà affrontare infatti problemi economici e politici crescenti prima delle elezioni comunali del 2019, nonché un’opposizione sempre più unita ed energica.Se invece Erdoğan vince nel ballottaggio presidenziale ma l’AKP non riesce a ottenere una maggioranza parlamentare, ci potrebbero essere nuove opportunità per rilanciare la democrazia turca”. Una ipotesi questa non scontata, ma realistica.

L’ultimo sondaggio di PLUS MAYAK, risalente al 13 giugno e pubblicato da Cumhurriyet, dà Erdogan al 45,8% Ince (CHP) al 28,9%, Akseneral 13,1%, Demirtas al 10.2%. Sondaggi riservati effettuati dopo il bando alla pubblicazione danno Erdogan, dal 44.5 al 52.7% e Ince tra il 28.3 e il 29.2%, Aksener dall’8.5 al 13.5%, Demirtas dall’8.4 all’11.5%. Per il parlamento gli ultimi sondaggi danno all’Akp dal 39.9 al 45.5%, al Chp dal 25.7 al 27,2%, al MHP dal 5,8% al 7,4%, all’HDP dal 11.6 al 12.3% all’IYi dall’8,5 all’11.4%. Non sono buone notizie per Erdogan, ma nulla è ancora detto.

“L’ esito delle elezioni è incerto _ conclude Aaron Stein di Foreig Affairs _ e l’AKP e l’Erdogan rimangono la forza politica più potente e popolare della Turchia. Ma i segni di decadimento sono evidenti, lasciando aperta la possibilità che l’opposizione possa approfittare delle modifiche legali guidate dall’AKP per rovesciare l’uomo più potente della Turchia”.