Si fa presto a dire: Baghdad sta cadendo sotto i colpi dei terroristi dell’Isil. Il gruppo jihadista salfita nato dalle ceneri dell’Isi (affiliato iracheno di al Qaeda operativo dal 2006 al 2013) e’ certamente un driver importante, probabilmente maggioritario (se non numericamente almeno per gli effetti militari che produce) dell’insorgenza sunnita che si oppone al governo centrale dello sciita Nouri al Maliki. Ma non e’ certo il solo.

Accanto al’Isil combattono infatti almeno altri due raggruppamenti di forze che possono essere definite sunnite e bahaatiste (cioe’ ispirate al nazionalismo socialista arabo di Saddam Hussein). La prima e’ il “Comando supremo per la jihad e la rivoluzione”, una alleanza di 23 gruppi che ruota attorno all’ “Esercito degli uomini dell’ordine di Naqusbandi” un formazione nata nel 2006 che si ispira al sufismo ed e’ guidata da Izzat Ibrahim al Douri, un fedelissimo di Saddam Hussein che guida anche il partito New Baath.

Il secondo raggruppamento importante e’ anch’esso di fede baahatista e si chiama “Consiglio generale militare dei rivoluzionari iracheni”, e’ composto in larga parte di ex uomini dell’esercito e polizia di Saddam, e’ ben organizzato e ben finanziato e ha legami stretti con la Association of muslim scholars. Con questi due gruppi , tatticamente alleati con l’Isil, si muovono varie formazioni tribali.

Gli americani lo sanno bene. Comprendono che il fronte sunnita e’ motivato, forte e deciso ma anche ben frammentato al suo interno, ed e’ per questo che non intendono lanciare i loro strike (che compatterebbero chi compatto non e’ e fatalmente darebbero la guida ai radicali dell’Isil) prima di aver convinto, da soli o grazie a Rohani, il premier sunnita al Maliki a creare un governo di coalizione nazionale che rappresenti e garantisca sciiti, sunniti e curdi.

Questo e’ un obiettivo che realisticamente puo’ essere raggiunto solo con la moral suasion di Teheran, e che ha poche alternative se non la divisione dell’Iraq in tre. Un progetto che ricordiamo era caro ai neocon Perle, Wolfovitz, Leeden, Libby che in ossequio al concetto della “distruzione creativa” (Michael Leeden) puntava cinicamente a destrutturare a colpi di guerre il Medio Oriente creando unita’ statuali che non potessero minacciare Israele. Ci porto’ alla seconda guerra del Golfo e oggi nel pantano iracheno il progetto mostra la misura del suo fallimento. Obama e i suoi non vogliono certo correre il rischio di realizzarlo con strike che non siano – almeno nelle intenzioni – solo sui jihadisti dell’Isil e successivi alla creazione di un governo di unita’ nazionale.