Pubblicato il 7 maggio 2018

Libano: avanzano gli sciiti filoiraniani di Hezbollah. Vince l’Iran perde l’Arabia Saudita

Beirut, 7 maggio 2018 –  Il Libano sorride ad Hezbollah e ai suoi alleati e punisce il premier Hariri. Segna un punto l’Iran, protettore di Hezbollah, e ne perde uno  l’Arabia Saudita, sotto la cui ala protettiva era Hariri. E questo in sistesi l’esito della consultazione di ieri, avvenuta a nove anni dall’ultima. Il paese è sfiduciato, […]

di Alessandro Farruggia

Beirut, 7 maggio 2018 –  Il Libano sorride ad Hezbollah e ai suoi alleati e punisce il premier Hariri. Segna un punto l’Iran, protettore di Hezbollah, e ne perde uno  l’Arabia Saudita, sotto la cui ala protettiva era Hariri. E questo in sistesi l’esito della consultazione di ieri, avvenuta a nove anni dall’ultima. Il paese è sfiduciato, e la partecipazione è stata bassa.  Ha votato il 49,2%, quasi sei punti meno meno del 54% delle elezioni del 2009.

I ridultati definitivi saranno noti solo stasera, ma i primi dati sembrano essere positivi per l’alleanza che ruota attorno al partito di Dio. Hezbollah e alleati _  come il movimento sciita Amal guidato dal Presidente del Parlamento Nabih Berri, il Movimento patriottico cristiano libero del Presidente Michel Aoun, il movimento sufi Associazione dei progetti caritatevoli (Ahbash) _ ha ottenuto almeno 67 seggi, secondo un calcolo dell’agenzia Reuters basato su risultati preliminari per quasi tutti i seggi, riportati dai media libanesi. Comunque Hezbollah e Amal avrebbero ottenuto 26 dei 27 seggi riservati agli sciiti.  Hezbollah ha perso terreno in una delle sue roccaforti, la circoscrizione elettorale di Baalbek-Hermel. Due dei dieci seggi sono stati conquistati dagli avversari, uno da Futuro, il partito di Hariri, e l’altro dalle Forze Libanesi, ma per il resto ha fatto il pieno dei seggi che poteva conquistare. “E’ una grande vittoria politica e morale _ ha detto il leader di Hezbollah, Hassan Nazrallah _ per la resistenza che protegge la sovranità del paese”. “Se vogliamo la sicurezza e la stabilità _ ha aggiunto _  i partiti devono cooperare tra loro e devono risolvere i conflitti su questioni di politica interna ed estera”. Ancora governo di coalizione quindi.

Molto bene è andato anche il partito cristiano maronita Forze Libanesi, decisamente anti Hezbollah, che avrebbe quasi raddoppiato il suo consenso passando da 8 a 15 parlamentari. Il partito Movimento Futuro del primo ministro Saad Hariri, su posizioni vicine a Riad e all’Occidente, è invece andato peggio del previsto.  Hariri ha annunciato suo movimento politico, dominato dai sunniti, ha perso un terzo dei seggi in Parlamento nelle elezioni generali che si sono tenute ieri, le prime da nove anni. Hariri ha dichiarato che i risultati assegnano al Movimento Futuro solo 21 dei 128 seggi del Parlamento, in calo dai 33 che il partito controllava nella legislatura uscente. Hariri spera comunque in una riconferma alla guida di un probabile esecutivo di unità nazionale (il cui presidente deve essere un sunnita) del quale faceva parte _ e a maggior ragione farà parte adesso _   anche l’opposizione di Hezbollah, il Partito di Dio grande alleato di Teheran e nemico giurato di Israele. “Il Libano – ha affermato Hariri – può essere solo governato da tutte le sue componenti politiche, e chi dice il contrario inganna se stesso. Dobbiamo lavorare insieme per costruire il Paese”.

Certo il potere di Hezbollah si è rafforzato, forte della popolarità acquisita tra la popolazione sciita dopo la guerra condotta in Siria per anni al fianco del presidente Bashar al Assad. E soprattutto in vista di un sempre temuto nuovo scontro con Israele, evocato ancora una volta ieri dal premier Benyamin Netanyahu. Lo Stato ebraico, ha affermato Netanyahu, è deciso a “bloccare sul nascere l’aggressività iraniana, anche se ciò includesse una lotta. Meglio adesso che in una fase posteriore”. Un nuovo conflitto che vedrebbe inevitabilmente coinvolto Hezbollah e quindi il Libano.

Secondo gli accordi di Taif  il parlamento è diviso in componenti etnico-religiose e prevede 64 seggi per i cristiani e 64 per i musulmani ed i drusi. Nello specifico, 34 seggi nel campo cristiano sono riservati ai maroniti, 14 ai greco-ortodossi, 8 ai melchiti, 5 agli armeni ortodossi, ed uno a testa per le altre minoranze cristiane. Nel campo musulmano, 27 seggi sono ad appannaggio dei sunniti, altri 27 agli sciiti, 8 ai drusi e 2 agli alawiti. In virtu’ di un tacito accordo rispettato da anni, la presidenza della repubblica spetta ai cristiani maroniti, il premier e’ un musulmano sunnita, la presidenza del parlamento va agli sciiti.

Sebbene le elezioni si siano tutto sommato svolte regolarmente, come attestato anche dal capo della missione degli osservatori Ue, Elena Valenciano, non sono mancati nel corso della giornata di ieri episodi di tensione in alcuni collegi elettorali.
I candidati in lizza per i 128 seggi parlamentari _ 64 per i libanesi cristiani, 64 per sunniti e drusi _ erano 976 di cui 111 donne: un passo in avanti rispetto alle 12 che hanno partecipato alle elezioni del 2009, ma pur sempre marginali. Oltre ai veterani come l’ex primo ministro Tammam Salam, Michel Murr, Marwan Hamadeh e Yassine Jaber, quest’anno i candidati sono decine di figli e figlie di politici ex e attuali, tra cui primogeniti come Taymour Jumblatt (figlio di Walid Jumblatt), Tony Franjieh (nipote di Suleiman Franjieh) e Michelle Tueni (figlia di Gebran Tueni). Non una novità in una Paese in cui il primo ministro in carica, Saad Hariri, è figlio dell’ex primo ministro Rafik Hariri, e il ministro degli Esteri, Gibran Bassil, è il genero del presidente, Michel Aoun e le grandi dinastie poltiche libanesi controllano consistenti pacchi di voti nelle loro comunità.

Nel 2017, secondo Transparency International, il Libano si è classificato 143° su 175 nella classifica dei paesi più corrotti. Il governo non è riuscito ad approvare una legge di bilancio per quasi un decennio, e il paese è gravato da uno dei debiti pubblici più alti del mondo (circa il 150% del PIL). Ha infrastrutture in declino, servizi pubblici scarsi e crescita economica di poco superiore all’1%. E poi ci sono i profughi dalla Siria, ben oltre un milione di profughi: tanti quanti ne sono arrivati nell’intera Europa, ma in in paese di 6 milioni di abitanti. “Il Libano non ce la fa più: i profughi siriani devono essere rimpatriati nel loro Paese senza attendere la conclusione della guerra” ha sottolineato il presidente libanese Michel Aoun durante l’incontro con una delegazione dell’Unione europea“. Facile a dirsi, difficile a farsi con la guerra civile siriana ancora bel lungi dal concludersi. Tanti problemi, ma un governo tropo debole, in un sistema politico assai frammentato nel quale si fronteggiano per procura l’Iran _ rappresentata da Hezbollah _ e l’Arabia Saudita che ha così tanta influenza sul premier Hariri da aver innescato durante una visita a Riad le sue dimissioni forzate, poi ritirate.

“Dopo la fine del mandato del presidente libanese Michel Suleiman nel 2014 _ scrive Bashar Halabi per ISPI _ il paese è entrato in una fase di stallo politico che ha visto il palazzo presidenziale di Baabda vuoto per oltre due anni. Il Parlamento si è riunito 45 volte nell’arco di 29 mesi e non è riuscito a eleggere un presidente. Le elezioni sono state in gran parte ritardate da Hezbollah e dal Movimento patriottico libero (FPM), il partito cristiano-maroniuta fondato da Michel Aoun. Tuttavia, la situazione di stallo è stata spezzata nell’ottobre 2016, quando l’ex primo ministro Saad Hariri ha raggiunto un accordo con il suo avversario politico di lunga data Michel Aoun, che ha portato all’elezione di Aoun alla presidenza e alla nomina di Hariri alla presidenza”.

“L’accordo _ prosegue Halabi nel dossier ISPI sulle elezioni libanesi _ ha segnato una nuova fase nel contesto politico libanese e ha voltato pagina sul lungo scisma verticale esistente tra due coalizioni politiche libanesi. Il cambiamento di alleanze ha avuto una ripercussione diretta su due aspetti principali: il cambiamento degli equilibri di potere nella guerra in Siria dopo l’intervento militare russo a sostegno di Bashar al-Assad e il ritiro dei sauditi dal Libano, che ha comportato l’annullamento di un contributo di 1 miliardo di dollari per l’esercito libanese. Mettere ordine tra gli arcirivali di ieri è stato utile per disinnescare le tensioni settarie preesistenti nel paese; tuttavia, non ha portato al buon governo, lasciando i cittadini libanesi con grandi delusioni per quanto riguarda il degrado dei servizi pubblici e delle infrastrutture, una crisi dei rifiuti che ha fatto notizia in tutto il mondo, una cattiva gestione della crisi dei rifugiati siriani e una situazione economica sempre più allarmante”.

“Nel paese _ osserva Halabi _ sembra esista un’unica alleanza netta: quella sciita tra il presidente del Parlamento, il movimento Amal di Nabih Berri, e gli Hezbollah . Questa alleanza sciita “8 marzo” sta conducendo le elezioni insieme in tutte le circoscrizioni in cui vi sono seggi sciiti; a parte questo, tutte le altre principali forze politiche non sono riuscite a formare liste elettorali comuni a livello nazionale. Alcuni sono alleati in un certo numero di collegi elettorali, mentre altri sono in concorrenza tra loro. Tale disordine ha portato anche alla mancanza di un programma politico coerente da parte dei partiti politici tradizionali, dando ai candidati “indipendenti” la possibilità di correre sotto lo slogan di “lotta alla corruzione””.

“Una coalizione di attivisti _ ha scritto Al Monitor _ si è riunita per formare una coalizione nazionale chiamata Tahaluf Watani – che comprende circa 11 movimenti diversi, tra cui Li Baladi, Baalbak Madinati e You Stink! per competere per i seggi nei 15 distretti del Paese. Tra questi alcuni che si sono fatti conoscere per il loro attivismo durante la crisi dei rifiuti del 2015, come Asaad Thebian, Marwan Maalouf e Imad Bazzi of the You Stink! E tra i candidati indipendenti ci sono anche la celebrità locale Paula Yacoubian, regina di un talk show politico ospite della TV Future di proprietà di Hariri che ha lasciato il suo lavoro in televisione, per correre come candidato per il movimento politico “senza leader” Sabaa. “Abbiamo deciso di correre perché coloro che sono scesi in piazza nel 2011 e nel 2015 devono far sentire la loro voce in parlamento”, ha detto Thebian, che corre nel primo distretto di Beirut, ad Al-Monitor. “Abbiamo bisogno di un cambiamento radicale nel sistema, di un governo responsabile e di uno Stato funzionante e di parlamentari che conoscano la società”. Secondo Rabie Barakat, commentatrice politica libanese ed ex opinionista del quotidiano Assafir, è improbabile che il movimento della società civile veda risultati tangibili alle elezioni. “Manca loro un coordinamento adeguata; alcuni _ ha detto al quotidian Al Monitor _ stanno correndo da una prospettiva apolitica, che non funziona nelle elezioni parlamentari. Mancano risorse sufficienti e non fanno parte dell’attuale struttura clientelare in Libano, il che significa che sono già in ritardo in termini di solida base di supporto”. Ma la bassa afflunza dà loro la possibilità di conquistare qualche seggi. E almeno uno dovrebbero averlo conquistato con Alexandre Salha.