Alessandro Farruggia
ROMA, 30 ottobre _ Aumento dell’impronta ecologica, la pressione sulle nostre risorse naturali, del 190% in 50 anni. Declino delle popolazioni dei vertebrati del 60% in meno di 50 anni. Percentuale della superice terrestre ancora in condizioni naturali ridotta al 25%. I dati della ventesima edizione Living Planet report 2018 del WWF _ IL RAPPORTO ORIGINALE SI TROVA QUI _ sono l’ennesimo campanello d’allarme per il genere umano. Sfruttiamo troppo il nostro pianeta e stiamo mettendo a rischio la capacità delle future generazoni di vivere in una Terra che sia in grado di sostenere i suoi abitanti senza distruggere il capitale naturale mettendo a rischio i servizi che questo fornisce agli abitanti del pianeta. Servizi il cui valore è stimato intorno a 125.000 miliardi di dollari, una cifra superiore al prodotto globale lordo dei paesi di tutto il mondo, che si aggira sugli 80.000 miliardi di dollari.
L’Indice del Pianeta Vivente (Living Planet Index) è un indicatore dello stato della biodiversità globale, elaborato dal WWF e dalla Zoological Society of London, che ci segnala quindi lo stato di salute della biodiversità del nostro pianeta. Pubblicato per la prima volta nel 1998, per due decenni ha registrato l’abbondanza di 16.704 popolazioni di oltre 4.000 specie di mammiferi, uccelli, pesci, rettili e anfibi (gli animali Vertebrati) in tutto il mondo. L’Indice analizza i trend di queste popolazioni, selezionate in maniera scientifca, quale misura dei cambiamenti nella biodiversità. In questa edizione 2018, la ventesima del Living Planet Report, l’indice include i dati dal 1970 al 2014 e mostra un declino globale del 60% nella dimensione delle popolazioni di vertebrati che, in pratica, significa un crollo di più della metà in meno di 50 anni.
Le minacce alle oltre 8.500 specie a rischio di estinzione, presenti nella Lista Rossa (Red List) dell’IUCN, riguardano soprattutto il sovrasfruttamento e le modifiche degli ambienti naturali, in particolare quelle dovute all’agricoltura. Delle piante e di buona parte degli animali vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili e anfibi) che si sono estinti dal 1500 ad oggi, il 75% di queste estinzioni è stata causata dal sovrasfruttamento e dall’agricoltura. Altre minacce derivano dal cambiamento climatico, che sta diventando un driver crescente, dall’inquinamento, dalle specie invasive – che noi abbiamo spostato in tante aree del pianeta dove prima non esistevano e che fanno concorrenza a tante specie autoctone – dalle dighe e dalle miniere.
 Negli ultimi 50 anni la nostra impronta ecologica, la misura del consumo delle risorse naturali, è cresciuta del 190%. “Creare un sistema più sostenibile _ sottolinea il WWF _ richiede significativi e urgenti cambiamenti nelle attività di produzione e consumo”.
Global map of Ecological Footprint of consumption 2014
Non solo. “Nel marzo 2018 l’Intergovernamental Science/Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services (IPBES) _ scrive il WWF nel rapporto _ ha reso nota la valutazione sul degrado dei suoli (Land Degradation and Restoration Assessment) che dimostra come oggi meno del 25% della superficie terrestre sia ancora in condizioni naturali e come nel 2050, continuando con gli attuali andamenti di sfruttamento senza invertire l’attuale tendenza, la percentuale della superficie delle terre emerse  in condizioni naturali si abbasserà al 10%. Oggi, il degrado dei suoli mina il benessere di circa 3,2 miliardi di persone nel mondo. Inoltre, nell’era moderna, le zone umide hanno perso l’87% della loro estensione. Il degrado dei terreni include anche la perdita delle foreste, un fenomeno che nelle zone temperate è stato rallentato dalle operazioni di riforestazione ma che è andato accelerandosi nelle foreste tropicali. Un’analisi in 46 paesi in area tropicale e subtropicale ha dimostrato che l’agricoltura commerciale su larga scala e l’agricoltura di sussistenza sono state responsabili rispettivamente di circa il 40% e il 33% della conversione forestale tra il 2000 e il 2010. Il 27% della deforestazione è stata causata dalla crescita urbana, dall’espansione delle infrastrutture e dalle attività minerarie. Questo degrado esercita numerosi impatti sulle specie, sulla qualità degli habitat e sul funzionamento degli ecosistemi.
“La natura è_ dice il rapporto del WWF _  la nostra unica casa e l’unica strada che abbiamo per salvarla (e salvarci) è lanciare un Global Deal per la natura e le persone capace di invertire il drammatico trend della perdita della ricchezza della vita sulla Terra, base del nostro benessere e del nostro sviluppo, agendo con urgenza per garantire in modo sostenibile l’alimentazione a una popolazione crescente, limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e ripristinare i sistemi naturali che stiamo perdendo”. Una ricetta logica, ma che richiederà un impegno reale da parte dei governi. Un impegno che realisticamente può esserci solo se ci sarà una concreta pressione da parte dei cittadini/elettori.
 

“Il Living Planet Report 2018 _ sottolinea la presidente del WWF Italia Donatella Bianchi _ richiama ad un impegno deciso per invertire la tendenza negativa della perdita della biodiversità. Il mondo ha bisogno di una Roadmap dal 2020 al 2050 con obiettivi chiari e ben definiti, di un set di azioni credibili per ripristinare i sistemi naturali e ristabilire un livello capace di dare benessere e prosperità all’umanità”.  “Per ottenere risultati _ sottolinea _ è necessario intervenire subito già dalla 14° Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD, Convention on Biological Diversity, che avrà luogo in Egitto) nel prossimo novembre. È fondamentale un accordo globale, ambizioso ed efficace per la natura e la biodiversità, come è avvenuto per il cambiamento climatico in occasione della Conferenza di Parigi nel 2015″. E anche molto di più che con l’accordo di Parigi, che rimane affidato alla buona volontà delle parti e prevede per adesso impegni largamente inadeguati alla bisogna.