NON ESISTONO vie di mezzo. Gli assassini o li prendi all’istante o ti tocca lavorare un sacco, incrociare migliaia di dati, aspettare un tempo che spesso ti pare infinito e che a volte lo è. Ti tocca tendere la trappola, e magari star fermo anche quando tutti premono, tutti ti criticano, tutti infieriscono e scrivono o sostengono che tu brancoli nel buio, la peggiore cosa che si possa dire a uno che nella vita ha scelto di fare l’investigatore.
Te lo insegnano subito: o li trovi immediatamente o devi usare l’arma della pazienza, della perseveranza. Te lo spiega sicuro di sé il maresciallo che ne ha viste tante, e lo ribadisce al cronista alle prime armi il magistrato di lungo corso, come chiunque ne capisca qualcosa.

ANCHE STAVOLTA è andata così. Due storie diverse e lontane nel tempo e nello spazio si chiudono nello stesso momento in due modi agli antipodi.

La prima è questa. A Motta Visconti viene arrestato in meno di un amen l’uomo perbene (ma poi mica tanto perbene) che poche ore prima ha sgozzato di punto e in bianco (ma poi mica tanto di punto in bianco) la moglie e i due figli.

La seconda storia la conosciamo tutti. A Brembate Sopra il 26 novembre 2010 sparisce una ragazzina di 13 anni. Rapita, costretta a subire un tentativo di violenza, accoltellata, ferita, lasciata sola in un campo a morire nel freddo, immersa nel buio. E prima della svolta, dell’unica svolta che avremmo voluto raccontare, devi aspettare oltre tre anni e mezzo. Tre anni e mezzo difficili, tribolatissimi. Carichi di lavoro, di tensioni, di pressioni, di liti, di sbagli grossolani, di feroci critiche. Ma dietro ogni pista falsa e dietro ogni errore (nel caso di Yara gli errori sono stati madornali) ecco la voglia di ricominciare. Di ripartire da zero. Di affinare, verificare, incrociare gli elementi e continuare a scavare. Per senso di giustizia, e ci mancherebbe. Per orgoglio, certo. Ma soprattutto per soddisfare quella fame, quella sete di verità che la notte non ti lasciano dormire. E per rispettare l’impegno preso davanti a una mamma senza più parole né lacrime: «Signora, lo prenderemo». Eccola, la promessa. Una promessa mantenuta.

@pierofachin