Gentile Dott. De Carlo,
Ho 56 anni e qualche anno dopo i 60 sarei andato in pensione con ben più di 40 anni di contributi versati, più o meno per periodi uguali, all’INPS e all’INPDAP. So che molti miei colleghi di sventura stanno inviandole i loro casi alla vostra redazione.
Per quel che mi riguarda ci tengo a dire che ho lavorato 18 anni per un Comune e che se avessi saputo cosa mi sarebbe successo 14 anni dopo, a livello pensionistico, mi sarei guardato bene dal lasciarlo. Il fatto è che mentre lavoravo nel mio piccolo comune mi sono laureato e poiché non c’era la possibilità di utilizzare all’interno di quell’ente la laurea conseguita, ho fatto una cosa che oggi scopro essere molto gradita agli attuali governanti: quella di non fissarmi col mantenere un posto fisso, così monotono…. Ero un precursore e così ho cambiato. Devo dire però che non era poi un vero e proprio salto nel buio, avevo sempre il mio zainetto di contributi da portarmi appresso, da ricongiungere gratuitamente all’INPS se avessi concluso la mia carriera in un ente o società che aveva quell’istituto come riferimento per i contributi previdenziali.
Certo, arrivare ad una pensione INPS non era come avere una pensione INPDAP, calcolata con criteri più convenienti, ma andava bene lo stesso. Valorizzare la laurea e interrompere la monotonia del posto fisso poteva valere anche questo piccolo sacrificio.
Del resto agli sportelli INPS mi spiegavano che ricongiungere i propri contributi all’INPS era gratuito proprio perché non vantaggioso. Mica era conveniente come fare l’operazione inversa!
E, soprattutto, mi dicevano agli stessi sportelli: “non si preoccupi di ricongiungere ora perchè può farlo gratuitamente a fine carriera: la legge dice che Lei la ricongiunzione può farla in ogni momento della Sua carriera lavorativa!”
Nel luglio del 2010 è invece uscita la famigerata legge 122/2010 con la quale la ricongiunzione di tutti i miei contributi verso l’INPS avrà un costo, stime di un patronato, di 135.000 Euro.
Troppo caro e troppo ingiusto: i contributi li ho sempre pagati, esattamente come i colleghi che lasciai in Comune 14 anni fa e che, nella monotonia più completa, beati loro, andranno in pensione prima, senza pagare nulla e con la pensione intera.
Certo anch’io potrei andare in pensione tra qualche anno con la cosiddetta totalizzazione, ma col 40% in meno rispetto a chi non ha mai cambiato lavoro. Questi significa in realtà che non potrò andare in pensione: ho infatti un figlio di 21 anni all’Università ed uno di 15 anni ed anche lui vorrebbe andarci. Visto il misero importo della pensione totalizzata e non ricongiunta, per mantenere agli studi i miei figli dovrò continuare a lavorare sino a 67 anni, rinuncerò alla totalizzazione e punterò ad una doppia pensione: così potrò avere una pensione ridotta del 30% anziché del 40%.
Ho provato di tutto per contrastare questa cosa: ho scritto ai giornali, alle Tv, ai politici, al presidente della Repubblica al quale ho invano chiesto se per caso tutto ciò rispetti la costituzione (ha inviato la mia lettera al Ministero competente, ma come fa d’altronde a dirmi che non è costituzionale, la legge l’ha firmata anche lui!). E’ stato presentata a mio nome una interrogazione parlamentare, ma senza risposta. A un certo punto il Sottosegretario al Lavoro del Governo che promulgò la legge disse che gli effetti del provvedimento avevano travalicato gli intenti originari e un esponente di quella maggioranza, esperto di previdenza ed in commissione lavoro della Camera, spiegò che quello che si voleva fare era impedire alle donne del pubblico impiego di aggirare gli effetti di una norma che le obbligava ad andare in pensione più tardi. Fu approvata all’unanimità una mozione che impegnava il governo a modificare la legge anche attraverso lo strumento della “interpretazione autentica”. Non si fece nulla.
La legge non prevedeva entrate, ma oggi, con questo governo, dobbiamo assistere a dichiarazioni che giustificano il permanere della norma con motivazioni che vanno dalla necessità di bilancio, con cifre impazzite tutte da verificare che tardano ad essere formalizzate, alla esigenza di garantire equità, parola oggi di moda, ma evidentemente un po’ abusata.
Dove starebbe l’equità tra il trattamento pensionistico che mi appresto a ricevere per effetto della “formidabile” legge in questione e quello che a breve riceveranno i miei ex colleghi che mai hanno cambiato lavoro? Per ristabilire pari condizioni di uscita dovrei pagare parte dei contributi due volte!!!
Dove starebbe l’equità tra me, che ero un dipendente comunale, e coloro che hanno cambiato lavoro, ma che erano dipendenti statali? (bisogna infatti sapere che per gli statali la trappola non è scattata)
Dove starebbe l’equità tra me che ero un dipendente di un ente locale e coloro che, essendo stati dipendenti di società elettriche, telefoniche, ecc., hanno avuto, dopo l’entrata in vigore della legge e per effetto di una circolare INPS, ancora qualche mese per fare la loro domanda di ricongiunzione?
Dove starebbe l’equità tra me e coloro che pur avendo cambiato società hanno visto permanere il loro diritto di iscrizione all’INPDAP, anche dopo questo Istituto è stato soppresso?
Chi non si trova in situazioni del genere può avere grandi difficoltà ad immaginare la disperazione che attanaglia chi ha fatto scelte importanti di vita anni e anni fa ed oggi si trova a vivere situazioni di questa iniquità e discriminazione!
Il pensiero è fisso a ciò che è successo, a ciò che avrebbe potuto essere e al nostro destino di derubati, mensilmente, a vita.
Per chi non si arrende, come me, come i miei colleghi che vi scrivono, la vita è comunque stravolta, trasformata in una battaglia quotidiana che cambia le abitudini di un’esistenza una volta serena. Speriamo che serva. Contiamo anche sul Suo aiuto.
Un saluto cordiale.
Claudio Floris

Località Baustella – 09010 PULA (CA) – Tel.: 348.7848420

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Gent. Dott. CESARE DE CARLO

Seguo ed apprezzato moltissimo i SUOI interventi che evidenziano lo “stato reale” – molte volte “amaro”- del nostro Paese.
Sarebbe auspicabile che, fra le tante problematiche gravi del paese, ci sia pure
la possibilità,di parlare della “scandalosa ”
vicenda delle Ricongiunzioni Onerose. Penso proprio che questa problematica sia
tanto “scandalosa ed assurda” che si cerca di farla conoscere il meno
possibile.!
Si parla di sacrifici per risollevare le sorti di un
Paese in crisi e di questo ne siamo tutti ben consapevoli ma ciò non potrà
mai giustificare un ” FURTO CON LEGGE” effettuato su una precisa e
mirata categoria di cittadini che hanno la sola “colpa” di aver cambiato
posto di lavoro e quindi di Enti previdenziali – INPDAP – INPS.- pubblico e privato –
Ora ci troviamo difronte a chi, dopo 40 anni di lavoro al 31 dicembre 2011, (con versamenti in un
solo Ente) mantiene i diritti acquisiti mentre chi,con i medesimi requisiti lavorativi ed anagrafici,
ma con la “colpa” di aver versato i contributi in due differente Casse si vede costretto a
chiedere la Ricongiunzione e “sborsare” cifre anche oltre i 300.000 Euro se
vuole avere la medesima pensione del suo collega che è sempre rimasto al
proprio posto. Se non RIPAGA i contributi già versati (ma chi se le può permettere certe cifre!!!!!)
gli rimane solo la “vergognosa” totalizzazione che gli comporta una riduzione di
oltre il 40% della pensione che gli spetterebbe.!!!!
Ma questa è E Q U T A’ ?????? Giustizia ????? Rispetto della dignità
delle persone???? NO!!!! NO !!!!!
Siamo a dover subire una
INGIUSTIZIA che sta rovinando l’esistenza di molti cittadini ma sopratutto di intere Famiglie che vivono questo dramma. Questo capita proprio a coloro che hanno sempre fatto
il loro dovere e speso una vita per il lavoro e la famiglia ed ora non
possono disporre neppure 1000 Euro al mese di pensione e si trovano di fronte ad un futuro di vecchiaia con prospettive di “fame e miseria” .
per una “PENALIZZAZIONE MIRATA” dove la legge 122/2010 art.12 ci ha
“declassati” a italiani di serie C!!!!
Ma possibile che non si riesce a far comprendere ai ns. Governanti che
questo è un FURTO vero e proprio che ci penalizza e ci mette “con le spalle
al muro”???
La prego gentilmente di trattare questo grave problema sopratutto per far comprendere questa assurda ed incomprensibile ingiustizia. Sarebbe opportuno ,se Lei lo ritiene fattibile, trattare il problema nel suo “dramma” con una visione generale perchè sono migliaia i cittadini coinvolti in questa “vergognosa ingiustizia” e ,nel futuro ,saranno molti ma molti di più!!!!.
Comunque rimango a disposizione per qualsiasi informazione visto che sono ormai due anni che cerchiamo,non privilegi, ma solo giustizia ed Equità e i nostri Politici fan finta di non capire il problema:!!!
Grazie di cuore per l’aiuto che ci potrà dare ed auguri di buon lavoro.
Laura Sertori Gianatti
27.08.2012

PS Nel mio caso dopo 32 anni INPDAP e 9 INPS dovrei versare 190 rate
mensili (oltre 15 anni) da 1580 Euro per un totale di 299.000 Euro per aver
diritto alla mia “normalissima pensione” di circa 1500 Euro.
Lascio a Lei ogni commento. Dimenticavo : se totalizzo avrò un assegno di
circa 800 Euro e questo dopo aver pagato 41 anni di contributi!!!!!! E’ poco più che l’assegno sociale !!!!!!!!

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Egregio Dott. De Carlo
con la presente vorrei sottolineare che da tempo ormai si parla di Esodati che è un tema sicuramente GRAVE ma credo che sia altrettanto grave quello di essere “DERUBATI LEGALMENTE” attraverso le “RICONGIUNZIONI ONEROSE” di cui oggi poco o nulla se ne parla e di seguito comunico quanto segue:
mi chiamo Nicola Summo e sono un dipendente della società Postel S.p.A. di Genova del gruppo Poste Italiane con l’unica colpa di aver regolarmente versato 42 anni di contributi di cui 30 in INPS e 12 in IPOST.
Nel maggio 2001 abbiamo subito la cessione del ramo di azienda da Elsag SpA a Poste Italiane SpA, con un accordo firmato dai sindacati nel quale veniva specificato che i nostri versamenti contributivi sarebbero stati fatti sul fondo IPOST ma questo non avrebbe comportato per noi nessun onere alla fine della carriera lavorativa.
A seguito di conferimento societario, subito e non voluto, passaggio dal contratto metalmeccanico e quindi con versamenti INPS al contratto postale e quindi con versamenti IPOST e grazie alla legge 122/2010 paragrafo 12 approvata dal precedente Governo nel luglio del 2010, devo ricongiungere i miei contributi in modo oneroso con l’esborso di circa € 70.000,00.=(SETTANTAMILAEURO) per poter aver diritto alla pensione, oppure chiedere la totalizzazione senza pagare la ricongiunzione ma rinunciando così a circa il 50% della pensione che dovrei percepire.
Nonostante tutte le forze politiche, almeno a parole, siano concordi nel dire che tale legge è ingiusta e che va modificata al momento ancora nulla è stato fatto lasciando ancora una volta i lavoratori alla soglia della Pensione in attesa e ansia.
Vorrei portare alla Vostra attenzione che la legge 122/2010 oltre ad essere ingiusta, poiché crea discriminazioni tra i lavoratori che durante il loro percorso lavorativo sono stati sempre sotto un unico ente Previdenziale ed altri invece che sono stati costretti a cambiare e che oggi lavorano anche nella stessa ditta che per questi ultimi per poter andare in pensione devono ricongiungere i loro contributi con importi elevatissimi.
Oggi a due anni dall’entrata in vigore della legge Errore/Orrore, cortesemente chiedo di portare in evidenza e denunciare questo “FURTO LEGALIZZATO” che sta penalizzando migliaia di lavoratrici e lavoratori che attendono di godere di un legittimo diritto.
Certo di un Suo interessamento resto a disposizione per maggiori eventuali chiarimenti e cordialmente saluto.
Nicola Summo

Cellulare 3358102126

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Tutto quello che posso fare è pubblicare le vostre lettere. Nella presunzione che non verranno prese in considerazione.
Spero comunque di sbagliarmi. Non si sa mai. C’è qualcuno lassù disposto ad ascoltare?