Caro De Carlo,
ho letto la Sua come sempre chiara pagina sul Presidente Lincoln. Non ho visto il film e sono perplesso perchè chi ignora (il film) ha sempre torto, ma io ho un caratteraccio e se vedo cose che accreditano l’apologia e non la realtà storica, mi arrabbio.
Ho letto, infatti, una splendida opera (ponderosa, in due tomi, ma che si legge con piacere ancorchè molto documentata) del prof Raimondo Luraghi che ha per oggetto la guerra di secessione americana.

L’autore, professore all’Università di Genova, molto noto nelle univesità americane come particolarmente esperto della materia, sostiene che a Lincoln della “peculiare condizione”, così veniva chiamata la schiavitù, non importava pressochè nulla. Già nel discorso pronunziato in occasione del giuramento egli affermò che non aveva alcuna intenzione di interferire sull’argomento e, quindi, gli Stati del sud dovevano essere tranquilli e, successivamente, affermò in altro discorso che l’unico tema che lo interessava era la salvezza dell’Unione e che, se per raggiungere tale obiettivo, avesse dovuto liberare gli schiavi lo avrebbe fatto e che se, invece, per lo stesso obiettivo avesse dovuto mantenere la schiavitù, l’avrebbe mantenuta.

La liberazione degli schiavi, quindi, non era l’obiettivo ma il mezzo.
In quell’opera, inoltre, si segnala il fatto che la condizione economica degli schiavi, in generale, non era inferiore ma spesso migliore di quella degli operai del nord (è dal nord infatti che partirono le spedizioni dei desperados diretti nei nuovi territori).

Ovviamente, non può essere messo in dubbio che la condizione di schiavitù è essa stessa un vulnus alla dignità dell’uomo.

Altro fatto che mi ha stupito perchè non l’avevo mai sentito dire: i liberali (in senso economico), intesi quali nemici dei dazi doganali e fautori del libero commercio erano gli Stati del Sud perchè interessati all’esportazione del cotone, mentre chi era chiuso e fautore dell’introduzione dei più forti dazi doganali era l’insieme degli Stati del nord che volevano difendere la propria industria dall’allora più potente economia industriale dell’Inghilterra e, in genere, dell’Europa.
Ora la libertà economica e l’apertura delle frontiere commerciali sono anche veicolo per l’apertura delle idee.

Quest’opera è veramente interessante e, ad onta delle sue dimensioni, si legge come un romanzo di avventura (ma contiene anche un’imponente bibliografia).
Cordialità,
Avv. Tullio Sturani

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Caro Avvocato, come avrà notato anch’io nel mio articolo ne ho fatto un accenno. Anche a mio parere la schiavitù non fu la sola causa del conflitto fra il nord industriale e il sud agrario degli Stati Uniti. Fu una delle cause.
Di più non potevo scrivere, considerando la tirannia degli spazi e il fatto che il tema dell’articolo era un altro.