Egregio signor De Carlo, 
Ci risiamo nuovamente con i blitz notturni! Moody's declassa i titoli di stato 
italiani mettendoli a soli due gradini dai titoli junk - spazzatura. 
Questa volta Monti e i rappresentanti europei protestano senza mezze parole, i mercati 
comprano senza esitazioni i BOT italiani mentre lo spread continua 
tendenzialmente a salire, qualsiasi cosa faccia o dica il nostro emerito 
super-Mario.
La sensazione è che l'Italia DEBBA agganciarsi a Spagna e Grecia 
come se si volesse favorire la creazione di un'area di sofferenza ben definita a 
sud dell'Europa. 
Monti, qualche giorno prima del declassamento di Moody's,ha 
definito un percorso di guerra il periodo che stiamo vivendo; iniziato con un 
tentativo di espropriazione di sovranità, al limite dell'umiliazione, al G 20 
verso il suo predecessore, continua, inarrestabile, nonostante i cambiamenti 
fatti.
L'incertezza delle prospettive politiche per le prossime elezioni è, 
sicuramente, l'altro fronte di vulnerabilità del nostro sistema: gli uomini che 
vengono buttati fuori dalla porta rientrano, come Berlusconi, dalla finestra e 
come lui molti altri che sostengono il cambiamento non sono capaci essi stessi 
di cambiare una virgola della loro vita dorata.
La parola guerra,però, non è 
affatto esagerata per definire il durissimo attacco a cui siamo sottoposti: 
diretta da attori, non riconoscibili perché ottimamente schermati da i 
funzionari delle agenzie di rating, siamo un obiettivo "facile". 
Moody's pare, 
però, rimasta sola ad eseguire gli ordini  visto che le altre due non le hanno, 
ancora,fatto eco. 
Conosce qualcosa di più che ci faccia capire chi sono tutti 
"gli uomini di Moody's" e quale sia l' orientamento di politica-economica che li 
contraddistingue da Fitch e Standard & Poor's ?
Distinti saluti,
Luisella Rech

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Cara Signora, come forse avrà notato sono due anni che scrivo la stessa cosa. E cioè che le agenzie di rating sono un concentrato di conflitti d’interessi che sfociano spesso nell’aggiotaggio (rilasciare notizie false o manipolate per influenzare la quotazione dei titoli) e nell’insider trading (sfruttare notizie riservate per realizzare profitti speculativi).

Questa non è una sorpresa. Soprendente piuttosto è la rassegnazione con la quale l’Europa della moneta comune si fa strapazzare. Una rassegnazione che sconfina nel masochismo.

Come potrebbe difendersi? Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, sembra la Sibilla Cumana. Tempo fa ha consigliato: ‘’dando loro un potere più limitato di quello che hanno attualmente’’. Forse non può dire di più. Ma il significato è chiaro: contrapporre un’agenzia europea all’egemonia delle due americane, la Standard & Poor’s e la Moody’s, e della francese Fitch (con sede però a Wall Street). Se non lo farà, le tre perverse sorelle continueranno a fare il bello e il cattivo tempo nell’interesse delle società finanziarie che le controllano. Ne citiamo alcune: Capital World, Vanguard Group, Blackrock, State Street e altri fondi e banche.

Questi investitori hanno una doppia veste. Da un lato sono azionisti e dall’altro utilizzano i rating emessi dalle loro controllate per acquistare o vendere titoli obbligazionari.

Ma così facendo condizionano le politiche di investimento di tutti i fondi del mondo e dunque determinano effetti a cascata. I quali a loro volta approfondiscono la spirale negativa, aggravano i costi di rifinanziamento, sottraggono risorse alla crescita, impoveriscono l’economia, accentuano la disoccupazione. Esempio classico: la Grecia. Al di là del dissesto cronico dei suoi conti pubblici è innegabile che i declassamenti a raffica del debito sovrano hanno trasformato una crisi in una catastrofe.

Non c’è  bisogno di essere un fine economista per accorgersi dei succitati, macroscopici conflitti d’interesse. Col che non voglio dire che in un mercato libero le tre succitate agenzie non abbiano il diritto di operare. Voglio solo dire che la loro legittima speculazione va sottoposta a scrutinio quando esista il sospetto di aggiotaggio e insider trading.

Oltretutto Moody’s, Standard and Poor’s e Fitch, pur controllando il 96 per cento del mercato, hanno un altissimo margine di errore. Adusbef, che ha analizzato oltre un migliaio di rapporti, lo fissa al 91 per cento. Dunque solo nel 9 per cento dei casi le loro analisi andrebbero prese sul serio.

Ecco qualcuno degli sbagli più clamorosi: la Enron, Worldcom, Parmalat, le cui situazioni apparivano disastrose ma i cui titoli scesero a livello di junk, spazzatura, solo pochi giorni prima del fallimento. O i subprimes di Fannie Mae e Freddie Mac, ignorati sino a che non determinarono il collasso finanziario dell’autunno 2008. O la Grecia: a nessuna agenzia di rating venne in mente di dare un’occhiata all’imbroglio cucinato dalla Goldman Sachs sullo stato delle finanze greche poco prima dell’ingresso nell’euro.

Se così stanno le cose, perché allora compagnie e governi tremano ad ogni pronuncia sull’affidabilità del loro credito? E’ presto detto: perché senza il ‘’voto’’ delle agenzie è difficile raccogliere altri crediti sul mercato. E allora quelle compagnie o quei governi sono costretti a offrire un ritorno più remunerativo con tassi che peggiorano gli squilibri di bilancio.