Egregio De Carlo,
Ho letto con piacere il suo fondo odierno (sulla rimonta di Romney), ma sono solo parzialmente d’accordo con lei.
Lo sfidante esce sempre o quasi bene dai dibattiti ma comunque Romney, se diventera’ presidente, sara’ ancora peggio di Bush…e glielo dice uno che e’ sempre stato filorepubblicano…ma l’ultimo degno e’ stato Bush sr.

Cordiali Saluti
Davide Clerici

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Caro De Carlo,
quello che lei ha scritto e’ molto importante perché descrive al meglio quello che è successo ! Per quanto mi riguarda spero che vinca Romney e spero che l’elettorato si accorga che una presidenza più ferrata sull’economia americana e’ basilare e risolverebbe anche la loro situazione e forse anche noi saremmo un po’ trainati da un evento inatteso sino a poco tempo fa.
Ci spero tanto. Da molti altri giornali italiani, in primis Repubblica, solo faziosità e spesso falsità.
P.R.

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Su una cosa non ci sono dubbi. Da Bush senior (repubblicano) in poi, gli Stati Uniti hanno avuto presidenti mediocri. Ma con una differenza: il repubblicano Bush junior aveva la consapevolezza di esserlo, tanto è vero che resistette sino all’ultimo alle pressioni del partito perché nel 2000 si candidasse contro il democratico Al Gore. In altre parole non voleva la presidenza. Gli bastava ed era contento di quel che era: il governatore di uno dei maggiori Stati americani, il Texas, che lo aveva rieletto appena due anni prima con il 64 per cento dei voti. Era ed è rimasto un cow boy, ben diversamente dal padre che era un gentleman del New England.

Obama invece la presidenza la voleva. E nella campagna elettorale del 2008 diede a intendere di voler e potere risanare l’economia americana uscita in pezzi dal collasso finanziario dell’autunno dello stesso anno. Si è rivelato uno sprovveduto. Con in più la pregiudiziale ideologica, legata alla presunzione di introdurre anche negli States un socialismo di tipo europeo. In poche parole: ha trasformato una crisi in una catastrofe.

Oggi gli Usa sono messi male, molto peggio dell’Europa. Rischiano la bancarotta. Basti pensare che il debito pubblico americano è in termini nominali quasi il doppio di quello dell’intera area dell’euro. E se nonostante tutto riescono a rifinanziarsi a tassi pressochè nulli è perché la Federal Reserve fa quello che la Bce non può fare: stampare carta moneta, quasi 3 trilioni di dollari in tre anni. Un trilione è pari a mille miliardi. Ma il gioco è molto pericoloso. Prima o poi l’inflazione ripartirà.

Quanto a Romney, non sarà un genio. Ma è stato un ottimo governatore in Massachusetts e un ottimo manager di grandi corporations. E’ sufficiente per guidare la ripresa della disastrata America e per l’effetto traino sulla disperata Europa. Ammesso ovviamente che vinca il voto elettorale.
Nel voto popolare Romney ha un confortante margine di vantaggio, dopo il primo dibattito presidenziale. Il secondo si svolgerà questa notte, ma non credo che inciderà molto sulle tendenze già emerse.

Importante invece, anzi decisivo è il voto elettorale. E questo dipende dai risultati dei singoli Stati. Insomma: se il candidato repubblicano non se ne aggiudicherà un numero tale che lo proietti al di sopra della fatidica soglia dei 270, niente Casa Bianca. La Florida e la Pennsylvania saranno cruciali.