E se fosse Lorenzo Guerini – l’Arnaldo’ (nel senso del vecchio leader della Dc, Arnaldo Forlani) di Renzi, l’abile tessitore, o meglio il ‘Sono Wolf, risolvo problemi’ del premier e segretario del Pd, oggi vicesegretario nazionale di un partito nelle peste tanto che è’ proprio al povero Guerini che tocca di sbrogliare i casi più scottanti e dolenti (vedi alla voce: Regionali e, in particolare, Campania, Puglia, etc.) – a diventare capogruppo del gruppone (309 deputati, un’uscita di recente, quella di Pippo Civati, molti nuovi ingressi in arrivo) del Pd alla Camera dei Deputati?
La voce è presa a circolare ieri, all’interno di un Transatlantico di Montecitorio assolato e deserto (si discuteva del rifinanziamento delle missioni militari all’Estero e della cosa non fregava nulla a nessuno) in previsione dell’assemblea del gruppo che si terrà mercoledì 13, dalle ore 14, presente lo stesso Renzi. Sarà lì che il gruppo – finora retto dal vicario, Ettore Rosato, formidabile bulldog d’aula per i colleghi renitenti al voto o assenti – si ritroverà per eleggere il successore del giovane Roberto Speranza. Speranza si è dimesso in occasione del voto di fiducia sull’Italicum, decidendo di rompere con Renzi e la maggioranza e con l’obiettivo di guidare quel che resta di Area riformista (i bersaniniani vecchi e nuovi) fino al congresso del 2017 per contendere la leadership a Matteo Renzi (“non sono ammesse stupide battute di spirito su quanto poco prendera’ Roberto al congresso”, reagisce stizzito uno dei suoi).
Fino all’altro ieri, i candidati a guidare il gruppo dem alla Camera (309 deputati, un gruppo enorme, di cui una cinquantina i renziani doc, tutti gli altri solo acquisiti in corso d’opera, una cinquantina scarsa la minoranza, poi gruppetti sparsi di ex-Sel, ex-Sc, e-M5S), ‘erano’ solo uno: Rosato, appunto. Le alternative, pure circolate, erano due, ma assai deboli: il quarantenne campano Enzo Amendola, esponente della minoranza, coté ‘responsabili’, cioè pro-Renzi, e il quarantenne veneto Andrea Martella, veltroniano e renziano, eterno candidato a tutto, un po’ come Rosato, che doveva fare il viceministro…
Morale: tutti pensavano che Rosato era (ed è ancora?) il candidato naturale alla successione di Speranza. Eppure, nominare Rosato – che potrebbe finire al governo nel mini-rimpasto che prima o poi Renzi farà, RI,pasto che potrebbe liberare molte caselle per i ‘meritevoli’ di promozione – aprirebbe più di qualche problema, dentro il gruppo dem. A tal punto che, diceva nei giorni scorsi più di qualcuno, “Rosato dovrebbe passare per acclamazione perché se si vota a scrutinio segreto finisce in un bagno di sangue per tutti, renziani e non”.
La nomina di Guerini, invece, ex diccì, ex-Ppi (e poi Margherita) di lungo corso, che sa farsi concavo e convesso a seconda delle necessità e delle circostanze, farebbe salire cori di giubilo tra gli ex diccì di ogni ordine e grado e verrebbe soprattutto vista come una apertura (o, quantomeno, non un pugno in faccia) verso quella minoranza Pd che Guerini ha sempre trattato con i guanti. Certo, mettere Guerini al posto di capogruppo aprirebbe problemi non da poco nel partito. Chi nominare al suo posto, stante che l’altro vice-segretario, la Deborah Serracchiani, di norma fa il governatore del Friuli?
Renzi in realtà ha in mente tutt’altro obiettivo: rinforzare e potenziare il settore Organizzazione, nominando un suo fedelissimo con pieni poteri di intervento sui territori. Anche per impedire casi imbarazzanti come quelli scoppiati in Campania. Casi rispetto cui persino un abile tessitore come Guerini si è dovuto arrendere, dicendo proprio ieri, in una intervista: “Basta liste fai-da-te. Non votate gli impresentabili”. Impresentabili che, però, pesano, nelle liste del Pd, soprattutto in vista del voto.
NB. Questo articolo è stato pubblicato in prima pagina del Quotidiano Nazionale (http://www.quotidiano.net) il 12 maggio 2015 sotto la testata Retroscena.
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