Articolo uscito domenica 22 dicembre 2013 su Qn (versione integrale)

Dall’inviato Rosalba Carbutti

ATENE
ARRENDERSI, resistere o combattere. Non ci sono molte alternative quando vivi in Grecia stritolato da una disoccupazione sopra il 25 per cento e commissariato dalla Troika. Ermou, la via dello shopping di Atene, è una sorta di spartitraffico tra il Natale che si vorrebbe vivere e la dura realtà. Da una parte della strada c’è l’happy train — il trenino della felicità che trasporta i bambini per le vie del centro — mentre di fronte c’è un albero di Natale anti-governo, anti-Ue e anti-Troika, allestito dall’associazione Chamber of Fine arts of Greece. Al posto delle solite decorazioni, i volti di Obama, della Merkel e dei politici greci.
Gli alberi illuminati nel cuore della città, a piazza Syntagma, tra Babbo Natale e un clown che vende palloncini, non bastano per avvolgere tutto in un’atmosfera di zucchero filato. Nelle strade adiacenti ci si trova sul set di un altro film, con una scenografia di serrande abbassate, senzatetto, cartelli vendesi e giovani dallo sguardo fisso che cercano soldi per la sisa, la nuova droga della crisi che costa 5 euro a dose.
Ad Atene, del resto, il Natale può essere uno, nessuno o centomila. C’è chi fa finta che non sia cambiato niente e chi non aspetta altro che scappare via. Una ragazza con alcuni pacchetti di Natale sorride: «Ho 18 anni, frequento l’università e posso permettermi di fare dei regali. Chi lo dice che c’è la crisi?». George ed Helen, due fratelli di 29 e 27 anni, guardano già oltre: «Ci siamo appena laureati e a settembre ce ne andiamo a Berlino». A Monastiraki, nel mercato cittadino, la situazione non migliora. Un’anziana signora invita la grande folla di passanti a entrare nel suo negozio di icone religiose e ceramiche, desolatamente vuoto. «Ogni anno è peggio — racconta —. Non chiudo perché non saprei che cosa fare. Il Natale? Senza soldi che sia il 25 dicembre o un giorno normale non fa differenza».

IN PIAZZA Monastiraki, la vista del Partenone rinfranca lo spirito, mentre tante famiglie con bambini mangiano pita gyros (scontati) da 2 euro per strada o nelle taverne della zona. L’atmosfera è festosa, ma basta un attimo per un cambio di scena: un gruppo di volontari distribuisce zuppa calda alle persone in coda con il piatto in mano, mentre nei negozi le commesse sono protagoniste di un Natale senza pubblico pagante. Tant’è che pure Santa Claus ne risente. «Mi travesto da Babbo Natale da trent’anni — dice un signore con la barba posticcia — ma quest’anno sono sempre meno i bambini che fanno le foto con me». E nonostante un giovane lo aiuti scattando con la digitale realizzando poi la foto con una stampante portatile, quando i genitori capiscono che si deve pagare, girano l’angolo coi figli in braccio.
Al mercato di frutta e verdura di Kallidromiu la crisi è negli occhi di Dimitris, 36 anni: «Vengono a comprare quando chiudiamo perché svendiamo. Non sembra Natale. Quale speranza c’è per chi, come me, laureato in ingegneria meccanica, lavora al mercato per campare?».
Il senso d’impotenza percepito nel quartiere degli anarchici, Exarchia, tra cartelloni con la scritta: «Liberateci dalla droga» e polizia in tenuta antisommossa, si trasforma a due isolati di distanza. A Kolonaki, a parte i cartelli ‘vendesi’, i negozi espongono merce costosa, tra bar eleganti e un piccolo bazar dove giovani scout ballano. Al caffè Fillon, l’avvocato Theodore Fortsakis, preside della facoltà di Giurisprudenza di Atene, scuote la testa: «C’è crisi, ma i prezzi non scendono. Bere un caffè qui costa più di tre euro. Non è normale, considerando che il mio stipendio da ‘old professor’ è calato da 2400 euro al mese a 1700, mentre un professore junior non arriva a mille. E mi devo ritenere fortunato: prendo lo stipendio anche se l’università tra scioperi e occupazioni è chiusa da settembre. Non c’è da stupirsi se gli studenti sono anarchici o si schierano con Alba dorata. Però rispetto al 2012 siamo sulla strada giusta». La Banca centrale ellenica lo conferma: il prossimo anno la Grecia sarà fuori dalla recessione.
CERTO ci vuole pazienza, ma Dimitris, tassista 40enne, non ne ha più: «Lavoro 14 ore al giorno (Natale e Capodanno compresi) per circa 500 euro al mese. Per il regalo di Natale a mia figlia ho fatto una colletta assieme ai nonni». Per Alexandra è lo stesso: «Non posso comprare nulla, lavora solo mio marito, io sono disoccupata. Riusciremo giusto a fare qualche dono a nostra figlia. Meno male che le basta un palloncino per sorridere».
A pochi passi un anziano davanti a un banco di libri usati fa cenni con la mano: «Li vendo, per la crisi. Socrate, Platone?».
E, intanto, la libreria più antica di Atene, Estia, ha chiuso. «Dopo 128 anni la nostra storia è finita», dice Costis. Ma per uno che getta la spugna, in Grecia c’è almeno una persona che ancora resiste e combatte.

 

Intervista al giornalista Nikolas Zirganos
DAL LETAME nascono i fiori, cantava Fabrizio De Andrè. E, in effetti, il giornalista greco Nikolas Zirganos (nella foto), 54 anni, dopo aver perso il lavoro, è riuscito a reinventarsi fondando con alcuni colleghi un altro quotidiano.
Come ha avuto la forza di reagire?
«Eleftherotypia, lo storico giornale di sinistra in Grecia aveva chiuso e io e altri colleghi abbiamo deciso di creare un nuovo tabloid, Efimerida ton Syntakton, il giornale dei redattori».
Risultato?
«Siamo già il quarto quotidiano della Grecia e ci lavorano cento dipendenti. Ci siamo costituiti in cooperativa e abbiamo investito 10mila euro a testa. Poi, per i primi due mesi, abbiamo rinunciato allo stipendio. Si guadagna molto meno, ma già avere un lavoro è un successo».
Ma con la crisi il mercato dell’editoria non è crollato?
«Sì, dell’80 per cento. Prima Eleftherotypia, da solo, vendeva quando vendono oggi i maggiori quotidiani messi assieme».
Le difficoltà economiche come hanno cambiato la Grecia?
«Si vive male, in certi quartieri c’è una guerriglia quotidiana e i negozi storici chiudono uno dopo l’altro. Unica nota positiva: al loro posto nascono nuovi caffè e bar. I giovani si accontentano di poco pur di lavorare».

Rosalba Carbutti