ELETTORI sempre meno fedeli, roccaforti rosse abbattute, centrodestra in grande spolvero spinto dal verbo leghista, candidati grillini «macchine da ballottaggio» programmate per vincere. Ma chi sono questi neo sindaci che hanno rotto tradizioni decennali, protagonisti di ribaltoni un tempo considerati missioni impossibili?
Basta guardarli, la sera della vittoria, gli sguardi quasi increduli, le camicie spiegazzate. C’è qualcuno che ‘osa’ una giacca, ma quella di Luigi De Mossi, neo sindaco di Siena, è coloratissima e la camicia è sbottonata. Niente doppiopetti stile Berlusconi, tant’è che pure l’ex ministro Claudio Scajola si presenta a favor di telecamera con la camicia bianca aperta. Ma oltre alla cravatta (non pervenuta) c’è molto di più: la voglia di cambiamento, di rompere col passato, il voto anti-sistema, «la volontà di mandare a casa chi c’era prima», spiega Marco Valbruzzi, ricercatore dell’Istituto Cattaneo. Basta leggere le prime frasi a caldo dei neo sindaci per capire che un filo che li lega c’è.
«ABBIAMO abbattuto il muro», ha scandito la grillina Manuela Sangiorgi, 46 anni, neo sindaca di Imola, città rossa da oltre 70 anni.
«Abbiamo cambiato la storia di questa città», ha detto Luigi De Mossi, primo cittadino di Siena targato centrodestra, 58 anni.
«Riapriremo il Palazzo ai cittadini», ha detto subito nel pieno dei festeggiamenti Giacomo Ghilardi, nuovo sindaco classe 1985 di Cinisello Balsamo, capace di mettere in soffitta la sinistra dopo 72 anni.
«Abbiamo sconfitto la vecchia politica: è una liberazione», sono state le prime parole di Vincenzo Ciampi, 5 Stelle cinquantenne, diventato sindaco di Avellino con una remuntada stile Barcellona. E proprio questa «elasticità» del voto grillino, capace di estendersi oltre i suoi confini elettorali al ballottaggio, è stato uno degli elementi che ha accomunato i candidati stellati.
«IL M5S si conferma una macchina da ballottaggio», trasformandosi in «un partito pigliatutti», sottolineano gli studiosi del Cattaneo.
Antonio Noto, direttore di Noto sondaggi, conferma: «I risultati di Pisa, Siena e Imola non sono stati una sorpresa, ma quello di Avellino non era prevedibile. Il candidato del centrosinistra al primo turno aveva conquistato più del 42 per cento a fronte di un 20 per cento del grillino Campi…».
Chiaro che, in questo contesto di sovvertimento di schemi ben rodati, il vento nazionale abbia avuto il suo peso.
«È un mix di fattori», spiega Salvatore Borghese di You Trend, ma la scelta dei candidati continua a essere fondamentale.
«Il simbolo del Pd è ormai una zavorra e, se consideriamo la prossimità degli elettori ai principali partiti, la vicinanza ai dem è ai minimi termini. C’è la tendenza a punire quello che era il partitone, ma ciò nonostante la scelta di un buon candidato (Emilio Del Bono) ha portato alla vittoria di Brescia al primo turno», spiega Borghese.
L’effetto 4 marzo e l’onda lunga del governo giallo-verde, insomma, ha influenzato questo voto amministrativo, «ma contano molto anche le tematiche della campagna elettorale, a volte più della personalità», segnala Valbruzzi del Cattaneo.

Non è un caso, che tra gli obiettivi principali dei neo-vincitori ci sia proprio la sicurezza, cavallo di battaglia di Salvini, e di conseguenza del governo giallo-verde.
«Garantiremo sicurezza», assicura Ghilardi da Cinisello. «Cambieremo marcia», fa eco Marco Scaramellini, neo primo cittadino di centrodestra di Sondrio.
Poi c’è l’incredulità di avercela fatta. Senza arrivare ai livelli del civico di centro Cateno De Luca (detto ‘Scateno’) che a Messina ringrazia del risultato accendendo ceri alla Madonna, si parla dei risultati come di «un sogno»; «un successo che va oltre le migliori aspettative»; «una grande emozione».
Il cambiamento di colore politico, del resto, ha toccato 60 città su 111, con una percentuale di sconfitta per la maggioranza uscente, calcola il Cattaneo, del 54 per cento. E anche dove, come ad Ancona, la candidata Pd Valeria Mancinelli riesce a fare il bis, il profilo della sindaca pur di centrosinistra – spiega Valbruzzi – è comunque volto al cambiamento. Lo stesso Scajola, un passato da politico di lungo corso, si è riciclato come outsider nella sua Imperia: «Abbiamo superato il modello Toti». Come a dire: anche la mia è una vittoria di rottura.

 

 

D’ALIMONTE: “SENZA FEDE NEI PARTITI VALGONO I CANDIDATI”

Rifiuto del passato e voglia di cambiamento. Per Roberto D’Alimonte, politologo e professore della Luiss, sono questi i fattori che accomunano i neo sindaci vincitori. Sindaci protagonisti di ribaltoni epocali soprattutto nelle cosiddette roccaforti rosse.
Professore, il vento del cambiamento è spirato anche a livello locale?
«Il clima è quello di voltare pagina, rompere col passato, sperare in un nuovo avvenire».
Un avvenire sempre più giallo-verde?
«La convinzione che questo governo possa risolvere i problemi legati all’economia e all’immigrazione, ad esempio, ha avuto ripercussioni anche a livello locale».
Considerando questa tendenza, la scelta del candidato sindaco resta importante?
«Certo. Non si può derubricare il risultato dei ballottaggi come un semplice ‘effetto del 4 marzo’. Faccio un esempio: a Brescia al primo turno ha vinto il centrosinistra. E sottolineo: al primo turno. Il motivo? Il Pd ha scommesso su un buon candidato, Emilio Del Bono, sindaco uscente che ha governato bene ed è stato votato anche da elettori di centro-destra».
Nelle altre roccaforti rosse, quindi, il Pd ha sbagliato candidati?
«Diciamo che erano traballanti. A Siena e Pisa se il centrosinistra avesse fatto altre scelte forse ce l’avrebbe fatta…».
Quali sono i fattori che non hanno convinto gli elettori del centrosinistra nella ex Toscana rossa?
«I candidati, anche nel caso di Pisa dove si era scelto un volto nuovo, sono stati percepiti come troppo vicini alla nomenklatura e alla vecchia rete di interessi locali. Sono candidati che non riescono ad attrarre le seconde preferenze degli elettori di candidati non ammessi al ballottaggio. Sono isolati».
Ma il sentimento di appartenenza a un partito non ‘funziona’ più?
«Si è molto affievolito, come abbiamo visto in Toscana ed Emilia-Romagna. Il voto è più volatile, ma non è una sorpresa di questa seconda turno delle amministrative. In Toscana il Pd aveva già perso Livorno, Arezzo ecc…».
Sarà una tendenza consolidata, quindi, anche per le prossime elezioni?
«Il centrodestra è andato benissimo questa volta, vincendo in 42 comuni contro i 31 del centrosinistra, ma cinque anni fa negli stessi Comuni aveva prevalso il centrosinistra. Chi lo sa che cosa succederà la prossima volta…».

Rosalba Carbutti

ARTICOLI E INTERVISTE USCITE SU QN IL 26 GIUGNO 2018

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