Se l’Italia fosse un Paese sano, la vicenda, in sé più grottesca che criminale, del funerale romano al capoclan sinti Vittorio Casamonica non avrebbe suscitato tanto clamore. Una zingarata di pessimo gusto, utile a mettere in evidenza alcune falle macroscopiche nel sistema di sicurezza capitolino. Ma siamo il Paese dello Stato debole e delle mafie forti, del melodramma e della sceneggiata, del senno di poi e dell’irresponsabilità diffusa. Dunque, grande scandalo nazionale e conseguenti ricadute internazionali. Noi italiani abbiamo trovato conferma del nostro essere eternamente conniventi e strutturalmente inefficienti, i media stranieri hanno trovato conferma ai propri, fondatissimi, pregiudizi. Che in fondo si riassumono in uno solo: l’Italia è un Paese ingovernabile. Un paese dove le strutture pubbliche non comunicano tra loro e dove ogni leadership di disperde nell’anarchia dei sottoposti. Un Paese dove Papa Francesco scomunica i mafiosi e un parroco di periferia ne celebra i fasti. Un Paese dove, in epoca di massima allerta terrorismo, si può noleggiare un elicottero in provincia di Napoli, spingersi fino a Roma, sorvolare a volo radente la Capitale e bombardarla (fortunatamente solo) con petali di rosa. Un Paese dove dodici, dicasi dodici, pattuglie di vigili urbani non se la sentono di impedire la circolazione di un carro funebre irregolare trainato da sei cavalli né di imporre l’uso del casco ai motociclisti che lo scortano. Un Paese in cui, a dieci ore dai fatti, la Questura bel bella comunica che nessuna colpa può essere imputata al questore poiché “nessuna notizia relativa allo svolgimento dei funerali era stata comunicata”. E questa è davvero grossa. Che i Casamonica siano un clan criminale lo sanno anche i sassi. Verrebbe dunque da pensare che forze dell’ordine e servizi segreti ne tengano sotto stretta osservazione i capi almeno tanto da accorgersi della morte di uno di loro. Ma quand’anche così non fosse, risulta che, trovandosi agli arresti domiciliari, per essere autorizzato a partecipare ai funerali uno dei figli del morto abbia dovuto informare la Corte d’appello di Roma. Che a sua volta ha inviato le forze dell’ordine presso il domicilio di Vittorio Casamonica e dei suoi figli per espletare le procedure di rito. Rito fine a se stesso, evidentemente, poiché la notizia di quel decesso pare non aver mai varcato i confini del locale commissariato di polizia. E lasciamo perdere il fatto che a dirigere la banda musicale assoldata dal clan fosse un carabiniere in pensione… Conseguenze? Nessuna. Verrà genericamente denunciata una carenza di comunicazione sul territorio, in modo da salvare la testa di questore e prefetto.
Consoliamoci, però. Consoliamoci col fatto che in tutta questa grottesca vicenda c’è un risvolto positivo: per rimuovere i petali di rosa lanciati dall’elicottero sono state tempestivamente mobilitate diverse squadre di netturbini. Il che, a Roma, è fatto più unico che raro. “Il quartiere non è mai stato così pulito”, ha commentato un residente. Abbiamo dunque finalmente scoperto il segreto per tenere pulita la Capitale: basta affidare ai Casamonica il grazioso compito di coprirla di fiori.