L’entourage del Presidente della Repubblica nega qualsivoglia intento politico. Se Sergio Mattarella, concedendo la grazia, ha abbuonato due dei sei anni e rotti di pena che il bergamasco Antonio Monella stava scontando per aver sparato a un ladro albanese che dopo essergli entrato in casa gli stava rubando la macchina, è solo perché Monella ha già scontato un anno, è incensurato, è pentito, si è comportato bene in carcere. Si grazia la persona, non il reato, spiegano al Quirinale. E in astratto è vero. Come è vero che la Consulta ha stabilito che la grazia può essere concessa solo per ragioni umanitarie. Se così fosse, però, nel graziare l’agente della Cia condannato per il sequestro dell’imam egiziano Abu Omar, l’allora Capo dello Stato Giorgio Napolitano avrebbe violato la Costituzione. Non è così. All’articolo 87 la Costituzione dice solo che il Presidente può «concedere grazia e commutare le pene». Nulla esclude che lo faccia per ragion di Stato, per ragioni politiche o per ragioni umanitarie. Prendiamo dunque rispettosamente per buona la spiegazione del Quirinale, ma osserviamo che la grazia a Monella ha un valore politico implicito. Indipendentemente dalle intenzioni di chi l’ha concessa. Cade infatti in un momento di forte allarme sociale per le reiterate violenze commesse da rapinatori dell’Est. E cade, ma questo pare sia un caso, nel giorno in cui Mattarella si trovava a Ferrara, dove, prima di visitare una mostra, ha espresso il proprio orrore la morte dell’anziana Cloe Govoni, massacrata di botte da due romeni. Inevitabile, dunque, dare della grazia a Monella, la prima concessa da Mattarella, una lettura politica. Ne risulta un messaggio tanto condivisibile quanto equilibrato: consentire la scarcerazione di Monella significa far sentire meno soli gli italiani, dando ai cittadini l’idea che lo Stato non sottovaluta le loro paure; estinguere non l’intera pena, ma solo una parte, significa prendere le distanze da eventuali abusi di legittima difesa o da atteggiamenti in stile far west. Sergio Mattarella è stato eletto presidente della repubblica nove mesi fa, e fino ad oggi ha esercitato il proprio mandato in perfetta coerenza con la lettera della Costituzione: un notaio esemplare. Sarebbe davvero bizzarro che quello che si configura di fatto come il primo atto realmente “politico” del suo mandato non fosse stato valutato in quanto tale.