Potrebbe essere lo stanco incontro di due debolezze diverse o il rinvenuto slancio di una forza nuova. L’abbraccio di oggi, nel cuore di Bologna, tra un Matteo Salvini singolarmente calato nei panni del padrone di casa e un Silvio Berlusconi dopo lungo tempo immerso in una folla politica potrebbe scavare le fondamenta di un nuovo centrodestra o dare al fuoco la paglia per un’inutile fiammata. Il momento, in effetti, sarebbe propizio. Ora o mai più, è il caso di dire.

Esiste ancora nel Paese una maggioranza di elettori di centrodestra che ha prestato il proprio voto a Grillo o l’ha deposto in un cassetto preferendo astenersi. Quelli passati a Renzi sono (ancora) pochi: appena 500mila nel momento di massimo consenso del premier, alle scorse Europee. Le fibrillazioni della maggioranza stanno offuscando l’azione del governo. L’assenza di una concreta minaccia politica incoraggia la tendenza del Principe fiorentino ad isolarsi e a farsi nuovi nemici. La crisi del Pd, romano e non solo, alimenta una vistosa domanda di alternativa sul territorio. Il centrodestra deve riacquistare credibilità prima che un’auspicabile ripresa economica dia nuovo smalto e cassa al premier. E prima che il segretario del Pd allarghi i confini del suo futuribile Partito della nazione.

Ora o mai più, appunto. E “ora” significa alle amministrative della prossima primavera. Occorrerebbe uno scatto di reni oggi impensabile. Una volontà politica ferrea e molta, molta fortuna per vincere a Roma e magari anche anche a Milano. Ma come a Bologna e come pure a Napoli, nella capitale politica d’Italia e in quella economica il centrodestra non ha ancora trovato né l’unità né un candidato sindaco spendibile. Colpa anche del proprio stato di manifesta debolezza, che certo non incoraggia nuovi arrivi dalla cosiddetta “società civile”. Colpa del declino e della carenza di leadership politiche, della confusione programmatica, delle polemiche, degli interessi, degli addii.

Dall’inizio della legislatura Silvio Berlusconi ha perso il 43% dei propri parlamentari, e il suo aver infine scelto di venire a Bologna può legittimamente essere letto come il pigro recarsi a Canossa di un leader rassegnato al proprio fisiologico declino. Matteo Salvini ha fatto il miracolo di resuscitare la Lega, ma pur avendo raggiunto il ragguardevole record del 14% nei sondaggi elettorali sa bene che da solo non potrà mai vincere. Unire le forze non è per loro una scelta, è un imperativo categorico. E’ il primo, necessario passo verso una speranza di vittoria. Ma la strada è lunga e accozzare vecchi partiti non basta. Non basta, ma è necessario. Poi occorrerebbe risvegliarli, poi aprirli, poi (se la legge elettorale non cambierà) fonderli, poi selezionare e istruire una nuova élite politica da affiancare al meglio della vecchia, abusare delle primarie e poi saggiamente riporle: creare un partito nuovo e una nuova, vecchia classe dirigente. E’ questo che si aspettano gli elettori “in sonno” del centrodestra, è di questo che ha bisogno il bipolarismo per funzionare. E per questo l’odierno abbraccio tra Silvio Berlusconi e Matteo Salvini in una piazza Maggiore che si annuncia gremita potrebbe forse un giorno essere ricordato come il primo passo verso la nascita di una nuova forza. O ancor meglio: di una forza nuova. Un sogno, forse, ma un sogno ad occhi aperti.