Le bambine, si sa, sono avanti: maturano prima dei maschi e prima dei maschi intuiscono la complessità della vita. Per questo, a volte, per loro l’adolescenza non corrisponde a quell’età felice e spensierata vissuta invece dai maschietti. All’incirca mezzo lustro fa, eravamo in salotto. Mio figlio, 8 anni, giocava a un noto gioco elettronico collegato alla televisione e mia figlia, 10 anni, appoggiata allo stipite della porta lo osservava con l’attenzione dell’antropologo di fronte al buon selvaggio scovato nel Borneo. Le domandai cosa ci fosse di tanto interessante in quella scena così domestica e in fondo abituale. “Ma non lo vedi? – rispose Giulia – Guarda i suoi occhi, sono sbarrati, iniettati di sangue: sembra indemoniato”. Era vero. Per quanto le nostre regole familiari circoscrivano a pochi minuti al giorno l’uso di videogiochi e l’accesso ad Internet, in quei pochi minuti Niccolò, bambino assolutamente sereno, tranquillo e ragionevole, sembrava un altro: ossessionato, teso, palesemente incline all’isteria. Fu una rivelazione. Ovvio che non per questo avrebbe sparato a sua madre, come ha invece fatto la diciassettenne calabrese cui è stato vietato l’abuso di social network. Ovvio anche che l’abuso c’è, e fa male. Di più: genera mostri. E la maggior parte di noi genitori non li vede. L’abuso di social network sta precipitando intere generazioni in un buco nero, un labirinto degli specchi dove nulla è come sembra: giovani soli si illudono d’essere in compagnia; giovani deviati incrociano nuove devianze; giovani aggressivi esaltano la propria aggressività; giovani gregari si percepiscono leader; giovani narcisi esasperano il proprio narcisismo. E Narciso è quel ragazzo che nel mito greco si innamora della propria immagine finendo affogato nello stagno che la riflette. L’abuso di social rende virtuale il reale e allontana dalla vita. L’abuso di videogiochi genera ansia e aggressività. In entrambi i casi è in agguato la sindrome da dipendenza tipica dei drogati. Sostituire carta e penna con smartphone e tablet atrofizza parti importanti del cervello, mina la capacità di concentrazione e depotenzia la memoria. Stiamo così allevando generazioni di narcisi, alienati e compulsivi. E non è un caso che, come ha rivelato il New York Times, i grandi capi americani del Web, i dirigenti di Google, Yahoo, Apple e via elencando, in gran parte vietino ai loro figli l’uso delle nuove tecnologie e li iscrivano in scuole tradizionali dove alla tastiera del computer si preferisce la scrittura manuale e allo schermo al plasma la cara, vecchia lavagna. Chi domina il web, e quotidianamente ne incassa i proventi, ne conosce anche i pericoli. E fa il possibile perché i propri figli li evitino. Il progresso è una gran cosa, naturalmente. Rifiutare la modernità non ha senso. Ma percepirne i rischi ed evitare gli abusi è davvero il minimo. Un giorno, anche Niccolò mi ringrazierà. Forse.