Evidentemente incapace di darsi una bussola politica, all’Europa non resta che attaccarsi alla morale. E’ infatti su basi morali che le istituzioni europee hanno impostato il proprio rapporto sia con la Grecia di Tsipras sia con la Russia di Putin. Di conseguenza respingendo ieri il piano sul debito pubblico del primo ed escludendo “strategicamente” dal G7 il secondo. E’ chiaro che, se lo schema non cambia, non ne verrà nulla di buono. Il gelido approccio tecnocratico alla questione greca comincia a farsi largo anche in Italia. Alcuni economisti di scuola liberal-liberista si indignano: le regole sono regole, i debiti sono debiti, dunque i greci devono pagare punto e basta. Ma che famiglia è quella in cui si nega l’aiuto al figliolo scavezzacollo e lo si lascia fallire? Perché se non è una famiglia politica, l’Europa, cosa è? E cosa sarebbe l’Europa senza la Grecia? Quando i tedeschi si prendevano ancora a mazzate coperti di pelli nella Selva Nera, ad Atene fiorivano le lettere e si dava forma alla democrazia. “Europa” è un mito greco, non tedesco. Chi, più o meno retoricamente, torna oggi ad invocare la nascita di un’Europa politica, deve comprendere che il salvataggio della Grecia ne rappresenterebbe la premessa e al tempo stesso la prova provata. La prova che l’Europa ha sensibilità “politica”. Le comunità politiche devono avere un’anima, una storia e delle radici comuni. Un’unica carne e/o un comune sentimento. In entrambi i casi, la Grecia è in Europa e l’Europa è in Grecia. Se Atene verrà lasciata uscire dall’euro e magari anche dall’Ue avremo la prova del fatto che l’Europa non ha un’anima politica. E difficilmente potrebbe darsela in seguito. La Russia di Putin, invece, un’anima politica ce l’ha. E la usa. L’ha usata anche quando Stati Uniti e Francia decisero di bombardare la Siria di Assad. Una decisione che per Obama e Hollande rispondeva a logiche mediatiche ammantate da principi morali, cui Putin contrappose una ferrea logica politica: rispetto ai fondamentalisti islamici dell’Isis, Assad è il male minore. Isolare con nuove sanzioni la Russia servirebbe solo a rinfocolarne il nazionalismo e a danneggiare la nostra economia che, prima delle sanzioni, con Mosca vantava un interscambio commerciale superiore ai 50 miliardi. Ma gli interessi sono persino secondari. Centrale è il fatto che l’Europa e gli Stati che la compongono non hanno una politica estera rispetto alla Russia, come rispetto ad ogni altro dossier internazionale, perché non hanno una coscienza politica. L’ha notato anche Henry Kissinger. La demonizzazione di Putin, ha osservato l’ex segretario di stato americano, non è un atto politico, ma solo un modo per mascherare la <mancanza di una politica>. Vale per gli Stati Uniti così come per l’Unione europea. Pare che l’Italia di Renzi vanti posizioni diverse. Ma che riesca a farle valere è perlomeno dubbio. Dovremmo essere presi in considerazione come fossimo una grande potenza, ma il fatto che il premier italiano sia stato accolto al recente G7 in Baviera con le note di ‘Azzurro’ invece che con quelle dell’Inno di Mameli lascia perlomeno sospettare che agli occhi del mondo, o quantomeno della Germania, l’Italia era e resti il Paese della dolce vita, della pizza e del mandolino.