Mentre in Vaticano ci si arrovella sulle determinazioni del Papa in vista del Sinodo, nel Palazzo si dibatte attorno all’angosciante interrogativo: cosa deciderà Piero Grasso? Impossibile rispondere. Grasso, come la Sfinge, non parla. Se il presidente del Senato dichiarerà ammissibili gli emendamenti di opposizioni e minoranza Pd all’articolo 2, la riforma di palazzo Madama si arena e la legislatura scivola verso elezioni anticipate. In caso contrario si va avanti. Ma il bicameralismo paritario si regge sulla regola della “doppia conforme”: non sono ammissibili emendamenti sui quali si è realizzata una concorde deliberazione delle due assemblee. E’ questo il caso, poiché Camera e Senato hanno già votato l’articolo 2 così com’è, stabilendo che i senatori non saranno eletti direttamente. Alla regola si può derogare solo quando tutti sono d’accordo. Ma il Pd di Renzi è contrario, dunque nessuna deroga. E’ pertanto ovvio che Grasso non potrà ammettere gli emendamenti. Ma allora perché non lo dice? Per narcisismo. Per essere al centro della scena il più a lungo possibile. Tacendo, però, tiene in scacco l’istituzione che presiede e altera il naturale confronto parlamentare. Col risultato che quando, infine, dovrà respingere gli emendamenti tutti diranno che si è piegato a Renzi. Piero Grasso è stato un ottimo magistrato.