E se Grillo arrivasse primo? E’ da qualche giorno che nelle furerie renziane si respira aria pesante. Altro che «voto di protesta destinato a sgonfiarsi»: i cinquestelle guadagnano terreno e le cronache continuano a portare acqua al loro mulino. L’inchiesta milanese sull’Expò, imprevedibile fino a pochi giorni fa, ha ricreato il clima anti-Casta degli anni di Mani Pulite. E si incrocia confusamente con la vicenda Scajola, con l’immagine dei deputati che alla Camera alzano le mani autorizzando l’arresto del renziano Genovese, con l’indagine ai danni del deus ex machina del sistema finanziario italiano, Giovanni Bazoli. «Arrestiamoli tutti!», urla il comico, occupando gli spazi vitali della destra e organizzando la ‘Marcia su Roma’ con cui il 23 riempirà (nuovamente) la piazza simbolo della sinistra: piazza San Giovanni. Ogni giorno ha la sua pena, e per il governo la giornata di ieri è stata particolarmente penosa. Istat e borse hanno infatti sciorinato dati in controtendenza: il Pil torna a calare, lo spread torna a crescere. Le previsioni renziane sulla crescita nel 2014, che il ministro dell’Economia Padoan definì «estremamente prudenti», si rivelano ottimistiche. Il nervosismo dilaga, l’estate (stagione ad eterno rischio speculazione) si avvicina, le ricostruzioni del «golpe 2011» indeboliscono l’unica forza reale dell’ultimo quadriennio (il Quirinale) e le voci si susseguono incontrollate. Emblematico, per capire il clima, il fatto che ieri il Tesoro abbia dovuto smentire l’intenzione di tassare retroattivamente i titoli di Stato. Clima ideale per uno come Beppe Grillo, che ha da tempo individuato nel caos il suo unico alleato. Matteo Renzi si barcamena, dà l’anima. Ma l’anima di Renzi si scontra con l’anima bersanian-dalemiana del Pd, che sente odore di rivincita e al pari dei grillini sogna macerie fumanti sulle quali tornare bellamente a danzare. E’ tutto fermo, nel Paese. Tutto fermo in attesa che il voto europeo si compia, chiarendo di conseguenza il destino di Renzi e delle sue riforme. Il premier ha individuato molti nemici, e i suoi nemici si arroccano attendendo gli eventi. La Rai, eterna metafora del potere romano, ne è l’esempio più lampante. Ed emblematico, anche se un po’ grottesco, appare il fatto che tra i principali difensori della tivù di Stato «minacciata» dai tagli renziani vi sia oggi chi fino a ieri più l’ha attaccata: Beppe Grillo, appunto.